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Il colono e l’ufficiale uniti solo dalle lacrime

da Morag (Gaza)

«Gli ebrei non espellono altri ebrei». Su questo struggente slogan, che da oggi non potrà più essere urlato, si sta combattendo una partita tutta interna a Israele, costretta a ricorrere all’esercito per procedere allo smantellamento degli insediamenti di Gaza. Nell’interesse «vitale» di Israele, come ha detto nei giorni scorsi il premier Ariel Sharon, apparso in Tv a reti unificate.
Dalla mezzanotte di oggi toccherà ai ragazzi dell’esercito l’ingrato compito di procedere allo sgombero forzato dei coloni rimasti, la metà, che non ha ancora volontariamente lasciato il territorio destinato ai palestinesi.
Per l’immagine di questa istituzione, la più amata dagli israeliani, simbolo dell’unità e della difesa del Paese, è un colpo durissimo. Per i ragazzi in divisa una situazione emotivamente difficile, che in pochi hanno retto.
Il simbolo di questa profonda lacerazione è tutto racchiuso in un episodio avvenuto a Morag, la colonia dei duri del Gush Katif, che per anni ha resistito ai colpi di mortaio, ai razzi Qassam e ai cecchini delle milizie palestinesi.
Nell’insediamento è entrato il comandante della Brigata Golani, una unità di élite, il colonnello Erez Zikerman, per spiegare ai coloni che dovevano partire.
Gli si è avvicinato fra la folla dei coloni un giovane in lacrime, il suo ex-ufficiale Liron Zaidan, nato e cresciuto fra i «duri» di Morag. «Lei mi ha insegnato che un ufficiale deve proteggere il popolo di Israele: noi non siamo il vostro nemico, ma voi siete diventati il nostro nemico», ha detto l’ex-ufficiale al colonnello. I due si sono buttati l’uno nelle braccia dell’altro, in mezzo all’improvviso silenzio surreale della folla.
Scene di soldati in lacrime si sono ripetute anche in altre città. A Nevè Dekalim un militare si è allontanato le mani sul viso rigato di lacrime.

Un altro si è appoggiato a un muro, pure lui in pianto, consolato da alcuni commilitoni, mentre in un angolo della piazza un altro giovane in uniforme è caduto, singhiozzando, nelle braccia di una ragazza.

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