Com’è lontana la Spagna, anche negli scioperi

Tra sciopero e huelga la differenza è sostanziale. Il significato è uguale, trattasi di astensione dal lavoro, ma gli italiani, quelli del football, la pensano in una maniera, gli spagnoli, quelli della Liga, vanno diritti in porta. Stamattina a Madrid le parti discuteranno ancora ma la posizione dell'associazione calciatori spagnoli è dura, decisa: molti club non pagano, i presidenti ricorrono alla Legge fallimentare che "sottomette" quella dello Sport. Quest'ultima prevde per i club insolventi la retrocessione ma la legge fallimentare consente di non tenere in conto i debiti accumulati e di poter così congelare i pagamenti dei salari dei calciatori. Sono diciannove le società che hanno fatto ricorso a tale legge, Real Madrid e Barcellona ne sono fuori, come Osasuna e Bilbao in quanto non società anonime. Il debito ammonta a 55 milioni di euro, il Betis deve stipendi per 22 milioni, il Saragozza 10, il Racing 8,4, il Rayo 3,6, l'Hercules 6,2, il Recreativo 6,4, il Cordoba 2,4. La Lega propone un fondo complessivo di 40 milioni divisi in quattro anni, il sindacato chiede la copertura totale dei debiti.
Si tratta di denaro e, comunque, sabato e domenica la prima giornata di campionato salta e si sta discutendo per evitare lo sciopero della seconda, oltre al punto chiave: i calciatori non vogliono recuperare la giornata di sciopero, i club sono sulla barricata opposta, inoltre gli spagnoli disertano gli allenamenti (fatta eccezione per i club impegnati nelle coppe e il Barcellona che giocherà il Gamper con il Napoli lunedì).
Di contro in Italia il sindacato calciatori ha annunciato la solita battaglia ma non ha il coraggio e il peso politico per portarla fino in fondo. Non è, la sua, una questione soltanto di denaro ma di principio e di diritti violati. La Lega calcio si è trovata spiazzata, non ha nemmeno la capacità e l'autorità per convocare tutti i presidenti, l'ultima riunione (ieri) non ha affrontato il problema a causa delle numerose assenze, la vacanze e gli affari di mercato costituiscono una priorità per molti dirigenti del calcio professionistico. La vicenda assume i soliti contorni da operetta buffa, recitata anche male. Il sindacato ha cambiato il suo portavoce, da Campana a Tommasi, ma nella sostanza nulla è mutato, al grido di "armiamoci e partite", nei secoli. La Lega gioca la sua parte consueta, litiga su tutto, come in una squallida assemblea condominiale, la federcalcio assiste ma non interviene, come da repertorio.
In Spagna hanno deciso che il pallone si debba fermare, i club paghino gli stipendi, sabato e domenica non si gioca.

Il sindacato di casa Italia parte già con l'handicap, la parola sciopero fa venire l'orticaria, dunque tra una settimana tutti pronti, in campo, con una piccola correzione: chi ha avuto ha avuto, chi ha dato non ha dato. Comunque scurdammoce 'o ppassato.

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