da Reggio Calabria
Lattentato compiuto a Gioia Tauro contro limprenditore Nino Princi è «da guerra di mafia». Non ha dubbi il sostituto procuratore della Direzione nazionale antimafia Vincenzo Macrì: la scelta dellautobomba per colpire Antonino Princi è un atto di guerra per far salire di livello lo scontro in atto nella Piana di Gioia Tauro. Il pensiero, ovviamente, corre agli equilibri messi a rischio dopo leliminazione di Rocco Molè. Di certo, però, cè il fatto che tutte le volte che la criminalità ha voluto mandare un segnale forte, ha usato le autobomba, evocative di Beirut ieri e Bagdad oggi.
La prima mandò allaltro mondo a Reggio, in pieno centro, limprenditore Gennaro Musella. Era il 3 maggio del 1982, girare la chiave della messa in moto fu lultimo atto del povero Musella, che si rifiutava di piegarsi alla malavita. Mentre di altro tenore fu quella dell11 ottobre del 1985 a Villa San Giovanni, dalla cui esplosione uscì miracolosamente illeso il boss Nino Imerti, e che sancì lavvio della seconda guerra di mafia.
Intanto restano gravissime le condizioni di Antonino Princi, limprenditore 45enne di Gioia Tauro, colpito nellattentato dellaltro ieri. Luomo che è ricoverato in coma a Reggio Calabria, ha subito lamputazione degli arti inferiori e superiori, e ha perso anche luso della vista.