Gira a Bologna una vecchia leggenda metropolitana sulla casa automobilistica inglese produttrice di Range e Land Rover che, stupita per lincredibile richiesta di jeep che giungeva dalla città, avrebbe chiesto se a Bologna cera il deserto («Bologna is a desert town?»). È una storia che ha almeno ventanni. Ma è vera. Oggi, se costui venisse in città, vedrebbe le giapponesi, le americane, le Mercedes che hanno sostituito le Range, ma le troverebbe sempre lì, davanti alluscita delle scuole Carducci. Chi arriva col bambino in bicicletta sembra un eccentrico salutista fanatico e girotondista. Non ti fanno passare, non si spostano e non cè regime politico che tenga: i vigili si aggirano tra le jeep e le mamme, rassegnati. Ecco perché uno dei capitoli che lattore e comico Giorgio Comaschi ha incluso nel suo libro Scusi, per Bologna? Lei bisogna che faccia il giro (Pendragon), è un monologo di «una mamma in jeep» che tra telefono, sigaretta, bambino e retromarcia da innestare, compie unoperazione davvero acrobatica.
Il libro di Comaschi, «giornalista, non fumatore, calciatore mancato» sorprende i bolognesi in vizi e vezzi che i bolognesi stessi ormai non riconoscono più. Chiedete dovè una strada e vi sarà risposto quel che il libro ha per titolo. Cambiano i piani del traffico, ma la risposta è sempre quella: «Bisogna che lei faccia il giro». Poi ci sono modi di dire che tutti usano ma che solo una volta scritti rivelano la loro comica eccentricità. «Cosa fai lultimo?», dove per «ultimo», da settembre in avanti, sintende il capodanno. Tra manie e parole per cui Bologna è famosa, dal «tiro», intraducibile in italiano, che è il pulsante che serve per aprire il portone, a espressioni grevi di sudori medioevali, come quella, per dire che è stato molto caldo, di «aver fatto i sughi». Gli amministratori dei condomini sono persone che «tengono dietro ai palazzi». Alleuro, dopo quattro anni, non ci si è ancora abituati. «Le casalinghe, le donne di una certa età, quelle che vanno a fare la spesa, è come se si fossero trasferite in unaltra città, allestero. Vanno a comprare una cosa, non chiedono nemmeno più quantè, tirano fuori una manciata confusa di monete e monetine e le porgono al venditore che pesca con la mano quello che gli pare. Allestero si faceva così, no?».
Esilarante il capitolo dedicato alla settimana bianca dove tutti, ma davvero tutti possono trovare un pezzo dimenticato del proprio passato. Chi dorme con chi, «una delle chiavi di lettura dei nostri mesi invernali precedenti» la gita... «Si tentava di tutto, perfino comprare Eau Sauvage, un profumo che andava di moda». E quindi le ragazze, il classico padrone di albergo di Dobbiaco che, «credo non abbia mai dimenticato quellinverno», e il gran finale drammatico e irresistibile in sciovia.
«Mi piace essere bolognese», conclude lo scrittore che aggiunge alla comicità una vena malinconica di ricordi personali («Chi se li ricorda gli odori di cartoleria dei quaderni? Chi se lo ricorda il sapore di crescentina fredda che ci portavamo a scuola per merenda?»). «Mi piace essere bolognese perché non vinciamo uno scudetto da quarantanni e nel 2004, un giorno, abbiamo festeggiato il fatto che da quarantanni non vinciamo niente».
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