Roma

Commercio in crisi: 10mila posti a rischio

Stefania Scarpa

Commercio romano in crisi. In calo le vendite dal 10 al 20 per cento nella Capitale: meno 8-10 per cento per le calzature, dal 15 al 20 per cento in meno per l’abbigliamento, i due settori più colpiti dalla crisi. Cifre calate a picco dopo il flop della stagione dei saldi appena conclusa e che non ha dato l’effetto positivo sperato. Tanto che ora gli addetti ai lavori chiedono «regole precise», una «programmazione fissa», un tavolo di confronto che dia il via a un osservatorio permanente sul settore commercio e che pensi, soprattutto, al suo sviluppo.
«Certamente il centro storico, meta di un turismo che non diminuisce, ha risentito in misura minore del calo degli acquisti - dice Valter Giammaria, segretario della Confesercenti di Roma -. La situazione però non è positiva. Tutt’altro. Sono a rischio 10mila posti di lavoro e a settembre potrebbero chiudere dai tre ai quattromila esercizi commerciali. La crisi quest’anno è fortissima e nell’ambiente c’è una grande preoccupazione. Per questo chiediamo l’apertura di un tavolo di programmazione permanente che fissi regole ben precise che al momento non ci sono. D’altronde il commercio a Roma ha da sempre rappresentanto uno specchio della salute economica della città. Non fermare la crisi significa produrre incertezza sul futuro di migliaia di famiglie».
Ciò che preoccupa maggiormente l’associazione di categoria non è la crisi generica degli acquisti, che già nei primi sette mesi dell’anno avevano mostrato una flessione, quanto il fatto che i saldi non siano riusciti a influenzare la situazione con l’atteso effetto positivo. Sott’accusa soprattutto spacci e outlet appena fuori il centro urbano. «È necessario - ha aggiunto Giammaria - una programmazione chiara sul territorio che determini delle coordinate comuni a tutti. È impossibile, ad esempio, che nella provincia di Roma ci siano due outlet in funzione e altri due che apriranno presto. E inoltre, non è giusto che questi centri che dovrebbero lavorare con ribassi del 30-40 per cento tutto l’anno, facciano i saldi come gli altri negozi».
D’altro canto la Confesercenti si dichiara sfavorevole alla liberalizzazione dei saldi che, proprio nella loro eccezionalità hanno il punto di forza e di attrattiva verso i consumatori. Il periodo dei saldi dovrebbe «essere ristretto a 4 settimane alla fine della stagione, solo così i saldi sono saldi». «In particolare a Roma - ha concluso il segretario dell’associazione dei commercianti - da due anni vengono offerti ai turisti dei pacchetti turistici nel periodo delle svendite estive e invernali che permettono loro di visitare la città con sconti nei musei, nei ristoranti e anche in alcuni negozi di abbigliamento.
Questa iniziativa ha già avuto effetti positivi e va potenziata». «I dati illustrati dalla Confesercenti in materia di sensibile calo delle vendite presso gli esercizi commerciali della Capitale vanno analizzati e valutati nella loro gravità». Affermano il capogruppo di Alleanza nazionale alla Provincia di Roma, Piergiorgio Benvenuti, e il capogruppo di An al Campidoglio Sergio Marchi. «È da supportare - hanno aggiunto i due capigruppo - la richiesta avanzata dall’organizzazione degli operatori che chiedono un tavolo di confronto sullo sviluppo del settore». In particolare, Marchi e Benvenuti, puntano il dito contro le strutture commerciali come gli outlet, che stanno avanzando di numero senza un’adeguata programmazione territoriale, a penalizzare i piccoli esercizi.


«È auspicabile - hanno concluso i capigruppo - un osservatorio permanente strategico-operativo, con la partecipazione degli enti locali, delle organizzazioni di categoria per non fare vivere ulteriori crisi ad un settore importante come il commercio romano».

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