Cultura e Spettacoli

Per il compleanno Sting si regala una Torino in fiamme

Sessantacinquemila fan in delirio per l’unica data italiana del primo tour dopo 25 anni dei Police

Per il compleanno Sting si regala una Torino in fiamme

Torino - In effetti è uno schiaffo all’amor proprio vederlo arrivare sul palco così tonico, rilassato, sfacciatamente in forma alla faccia dei 56 anni compiuti proprio ieri con rituale festicciola dopo il concerto (e sua moglie Trudie ancora a metà pomeriggio era in cerca della scorta per portargli torta e candeline). D’accordo, lui è Sting e i suoi Police finalmente riuniti dopo vent’anni dovrebbero fare quello che ha implorato Fabio Fazio ieri sulla Stampa, far diventare grandi i Peter Pan degli anni Ottanta, «i figli della tv dei ragazzi» che si sono scordati di crescere o fanno finta di averlo fatto. Però sono proprio loro, quei tre lassù sul palco a forma di anfiteatro, a non voler cedere all’età, anzi non ne hanno proprio voglia. «Ciao Torino». Quando arrivano in santa pace in scena, lentamente uno dopo l’altro, e Stewart Copeland (55 anni) dà il colpo di gong che fa iniziare Message in a bottle, ecco, in quel momento il tempo torna indietro, l’atmosfera sembra quella di venticinque anni fa, quando il rock non aveva le rughe e i Police erano la zona franca di tutti gli appassionati: piacevano ai metallari, ai punk, persino a chi appendeva il poster dei Duran Duran e guai se non aveva il Moncler. In quella zona franca oggi le rughe non si contano ma l’entusiasmo è lo stesso perché andatevelo a trovare un altro concerto con 65mila persone che cantano le canzoni dall’inizio alla fine e si divertono come se fosse l’ultimo giorno di scuola. Un’apoteosi. D’altronde questo è il potere delle band riesumate come i Police: far ritornare indietro il proprio pubblico, altro che diventare grandi, far finta che la vita sia sempre una Walking on the moon, una passeggiata sulla luna senza forza di gravità che permetta, proprio come si divertono a fare i Police al Delle Alpi, di improvvisare, di giocare, di scherzare con le partiture e quindi con le regole della vita.

Sting, Stewart Copeland e lo strepitoso chitarrista Andy Summers, un jazzista vestito da rockettaro, lo fanno per venti brani da Message in a bottle alla conclusiva Next to you, circa due ore, con un mostruoso virtuosismo tecnico, una sintonia che si nutre di sguardi e di vecchie abitudini. Quando inizia Every little thing she does is magic loro tre si guardano, sgranano gli occhi, il pezzo stenta a decollare ma poi si riprende con una naturalezza che lascia senza parole. E così la durissima Driven to tears, essenziale, quasi asettica, misteriosa alchimia che vive sul ritmo sincopato della batteria, sulla voce chiusa di Sting, sulla chitarra che si distende in piccoli tocchi che sembrano arabeschi. In tribuna vip c’è chi ascolta incantato, come Nek o Irene Grandi, e chi più distratto come Alba Parietti, Afef e Zebina della Juventus, Jaki Elkann con sua moglie. In platea la gente canta, imperturbabile. Don’t stand so close to me, un coro lunghissimo. Can’t stand losing you, che ritmo. Sting era arrivato pochi minuti prima del concerto, saranno state le 21 o giù di lì, direttamente dall’hotel Golden Palace con tanto di volanti della polizia a fare da scorta. Non ha nemmeno sentito le canzoni di suo figlio Joe, che è sbarcato sul palco con i Fiction Plane per arrostire un po’ di rock insulso e senza traccia. Quando è salito in scena, Sting ha esibito maglietta nera, basso rigorosamente scrostato e consumato ma canzoni nuovissime, eccome. E dopo due ore di show sembravano ancora più giovani e forse questo è il segreto dei Police: hanno scritto brani che miracolosamente vincono la gravità degli anni e si conservano con la stessa energia che avevano quando a inizio anni Ottanta hanno scompaginato le regole del rock. «Qui ci sono 65mila persone, 130mila mani, mostratemi le vostre», urla Sting.

Adesso che hanno quasi sessant’anni (Summers quasi sessantacinque), i Police sono forse il miglior gruppo rock del mondo, anche se nessuno di loro è un rockettaro. E forse in questa malinconica verità c’è il loro segreto: riuscire a esaltare il pubblico regalando una miscela di abilità strumentali, ritornelli vincenti e sincerità.

Sì, perché quando hanno salutato la gente, dopo aver cesellato una meravigliosa Roxanne ed essersi esaltati con le accelerazioni di Next to you, loro se ne sono andati dal palco più giovani o semplicemente più felici come del resto tutto il pubblico (che alla fine sembrava più giovane, altro che).

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