Il comune di Gaeta: "I Savoia paghino i danni per l'assedio del 1861"

Il Comune vuole un risarcimento per la devastazione della città durante la guerra del Piemonte contro il Regno di Napoli. Maria Gabriella e Beatrice contro Vittorio Emanuele: no alla richiesta di danni allo Stato

Gaeta - Una richiesta di risarcimento tita l'altra, così Gaeta chiederà ai Savoia il risarcimento dei danni subiti durante la guerra contro il Regno di Napoli e l’assedio del 1861. Un’azione militare, spiega l’assessore comunale al Demanio Antonio Ciano, «che danneggiò gravemente le strutture urbane della città, obbligò gli abitanti al di fuori delle mura, il Borgo, ad andare esuli nei territori vicini e determinò una conquista da parte dell’esercito piemontese fin nei pressi della fortezza». «Sono passati poco meno di 150 anni dal terrificante assedio di Gaeta che vide la scomparsa della dinastia dei Borbone del Regno di Napoli su cui erano dal 1734 - spiega Ciano - L’avvenimento militare di quel tempo, che concludeva la conquista dell’Italia meridionale da parte di un esercito costituito da garibaldini, traditori e truppe piemontesi, non aveva mai avuto una preventiva dichiarazione di guerra e non aveva mai reso ufficiale il subdolo contrasto con il Regno di Napoli».

"Savoia responsabili di crimini di guerra" «L’Amministrazione attuale - aggiunge l’assessore che oggi ha incontrato il legale incaricato di studiare le carte, l’avvocato Pasquale Tarricone - intende rinnovare questo doloroso momento storico, ricordare gli atti pubblici predisposti in proposito dagli amministratori del tempo e promuovere un’azione legale contro la famiglia Sabauda: è la prima responsabile di un’azione di preda, di crimini di guerra e di eccidi organizzati contro Gaeta e centinaia di città dell’Italia meridionale».

Maria Gabriella e Beatrice contro Vittorio Enanuele «Come componenti della Casa reale di Savoia teniamo a significare che non aderiamo in alcun modo alla richiesta di danni avanzata contro l’Italia da nostro fratello e da suo figlio Emanuele Filiberto». A dichiararlo sono Maria Gabriella e Maria Beatrice di Savoia che si dissociano dall’iniziativa di Vittorio Emanuele e di suo figlio. «Nostro padre, il Re Umberto II è morto dopo un interminabile e sofferto esilio - spiegano - avendo sempre cara l’immagine della Patria lontana. Italia innanzi tutto fu il punto di riferimento di ogni suo pensiero».

«Vittorio e Figlio - aggiungono - che ormai rappresentano solo loro stessi, non sanno più chi convenire in giudizio: lo hanno fatto con noi sorelle, lo hanno fatto con nostra madre, lo stanno facendo con i cugini Amedeo e Aimone, con oltre una cinquantina di persone se è vero quanto essi stessi dicono; ora non è rimasto a loro che convenire in giudizio la Nazione Italiana, quella che i nostri antenati hanno servito». 

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