da Roma
Per la prima volta dal 1993, quest’anno l’Italia potrebbe sperimentare la recessione. Le previsioni del Centro studi della Confindustria parlano per il 2008 di un Pil in calo dello 0,1%. Segno meno (-0,1%) anche per i consumi delle famiglie. «Siamo in recessione per la terza volta dal Dopoguerra, dopo il ’75 e il ’93», dice il capo economista della Confindustria, Luca Paolazzi. Ma il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, presente in sala, invita tutti alla prudenza: «Silete, economisti - ammonisce - perché le uniche previsioni precise sono quelle retroattive. L’uscita dalla crisi - aggiunge - può essere basata soltanto sulla fiducia e su nuove regole».
Confindustria è addirittura più pessimista del Fondo monetario internazionale che, secondo anticipazioni, assegna al nostro Paese una crescita zero per quest’anno. Ma le stime divergono soprattutto per quanto riguarda il 2009. Se il Fmi non ipotizza miglioramenti sensibili (più 0,1%) della crescita, il Centro studi confindustriale intravede invece segnali di ripresa, grazie al ripiegamento dei prezzi del petrolio (90 dollari a fine 2008) e delle materie prime alimentari. Il Pil 2009 crescerebbe così entro una forbice compresa tra il più 0,4 e il più 0,6%, nonostante l’effetto restrittivo della manovra triennale. L’Italia potrebbe dunque agganciarsi alla ripresa 2009, ma a tal fine restano «cruciali - si legge nel rapporto del Csc - la realizzazione delle riforme strutturali e la revisione del modello contrattuale».
«Pensiamo che sia possibile rivedere la crescita, per quanto ridotta, nel 2009 - commenta Emma Marcegaglia - ma per raggiungere questo obiettivo sono necessarie scelte chiare e coraggiose, da adottare nei prossimi mesi, per attrezzarsi contro lo choc». Il presidente della Confindustria ricorda che, in questo momento di estrema difficoltà, l’Italia sta comunque meglio di molti altri Paesi. Il sistema finanziario è meno toccato dalla crisi, il risparmio c’è, il sistema manifatturiero è sano. Ora ci vogliono le riforme, dal federalismo «che condividiamo purché non aumenti la pressione fiscale» alla riforma dei servizi pubblici locali. Anche le imprese devono continuare a innovare, e bisogna che i conti pubblici «siano a posto». Su quest’ultimo fronte, il Csc conferma per quest’anno un deficit del 2,5% del Pil, che decresce al 2,2% nel 2009; ed evidenzia qualche discrasia tra andamento del deficit e quello del fabbisogno. Ma è soprattutto evidente che le tasse sono troppo alte. Confindustria calcola che una famiglia del Nord versa al fisco 53 euro ogni 100 di remunerazione da lavoro dipendente, ed «è perciò fondamentale ridurre le aliquote, insieme all’evasione fiscale».
Le cifre del Csc non impressionano il ministro dell’Economia. «È prudente non tener conto di quel che dicono gli economisti - osserva -; il capitale intellettuale di questa professione è azzerato perché non hanno capito ciò che stava succedendo, prima l’hanno negato poi esorcizzato, e ora guardano agli effetti e non alle cause». La risposta alla crisi, secondo Tremonti, è nel ritorno a un miglior clima di fiducia dei cittadini e nell’introduzione di nuove regole nei mercati finanziari, che devono essere scritte dalla politica.
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