Fin da quando è spuntata dal nulla, dall'esordio fortunatissimo di Due parole nel 1996, Carmen Consoli, la cantantessa è sempre stata un'irrequieta. È vero, va orgogliosa delle sue radici (è nata in provincia di Catania, 35 anni fa), ma si divide tra la Sicilia, Roma e Parigi. Musicalmente parlando poi, è venuta su ascoltando prima Janis Joplin, Creedence Clearwater Revival, Cream e Jefferson Airplane e, più tardi, la scena indie-rock americana di inizio anni Novanta e si era ripromessa che avrebbe suonato solo rock alternativo e, se ci sarebbe stato da cantare, lo avrebbe fatto solo in inglese e invece
ha sposato la lingua madre e si è messa pure a flirtare con il folk, i violini, la bossanova. Forse ha ragione Elena Raugei quando scrive nel libro-biografia fresco di stampa da Arcana, Fedele a se stessa, che Carmen è «un'artista senza compromessi, animata da un'incontenibile urgenza espressiva».
A suffragare la fama di artista sfaccettata doc, ecco la singolare tournée double-face ideata per il suo Giro d'Italia di inizio 2010 a Milano: c'è il formato teatrale che prende nome dal suo ultimo disco, Elettra, prodigo di ballate e di sonorità acustiche malinconiche, di scena stasera e domani sera al Teatro Smeraldo (ore 21, ingresso da 46 a 28,50 euro), e quello da club che mutua il titolo di un brano incluso nell'album, Ventunodieciduemilatrenta, rappresentato ieri all'Alcatraz.
Per la Consoli una tournée «da club»
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