Buone notizie per i curatori fallimentari. La Corte costituzionale, con sentenza n. 174 del 28 aprile 2006, torna sul tema del compenso del curatore in caso di fallimento incapiente (cioè con attivo mancante o insufficiente). Questa volta, contrariamente alle passate pronunce della stessa Corte, viene sancito il principio che, in caso di fallimento negativo, il curatore ha diritto a ricevere il compenso stabilito per la sua prestazione. Il compenso sarà a carico dell'erario.
«La sentenza rappresenta un punto di svolta - spiega Elena Clarke, della Fondazione Luca Pacioli - se si considera che, fino ad oggi, la giurisprudenza sia della Corte Costituzionale che della Cassazione, ha uniformemente ritenuto che, in caso di chiusura del fallimento per mancanza o insufficienza di attivo, l'incarico di curatore dovesse essere considerato del tutto gratuito. A tali conclusioni la giurisprudenza perveniva da un'interpretazione restrittiva dell'ormai abrogato art. 91 della legge fallimentare che disciplinava le fattispecie verificabili in materia di spese di giustizia sostenute nell'ambito della procedura fallimentare. Nella norma in questione, infatti, non venivano espressamente individuate, tra le spese a carico dello Stato, quelle relative ai compensi dei curatori».
A porre fine a tale spiacevole inconveniente, giunge ora la sentenza con la quale la Corte Costituzionale dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 146, comma 3, del Dpr 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia) nella parte in cui non prevede che sono spese anticipate dall'erario «le spese ed onorari» al curatore».
La questione, sollevata dalla sezione fallimentare del Tribunale di Palermo, viene così risolta dalla Corte che, con la sentenza in esame, stabilisce che «è manifestamente irragionevole che l'esclusione dell'anticipazione da parte dell'Erario delle spese e degli onorari riguardi, ormai, il solo curatore.
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