Pauillac Un vero killer. Forse ha davvero ragione lui ad aver scelto il gesto del pistolero. Ad ogni vittoria uno sparo nel vuoto, a ribadire la sua innata capacità di identificare gli obiettivi e a centrarli. Uno spietato vincente, Alberto Contador, che difficilmente stravince. Dicono che sia fortunato, d’altra parte lui non ha mai nascosto di esserlo: «Sono fortunato perché faccio il mestiere più bello del mondo e soprattutto lo posso fare perché sono ancora vivo».
Difatti spesso ci si ricorda del tumore combattuto e vinto da Lance Armstrong e non ci si ricorda di quel maggio 2004 che per poco non costava la vita ad Alberto Contador. Tappa del Giro delle Asturie, dopo aver affrontato una salita il giovane Alberto comincia a sbandare e, scosso dalle convulsioni, cade a terra. Da qualche giorno avvertiva mal di testa violenti. Lo tengono in osservazione per dieci giorni, poi decidono di operarlo per la rottura di un aneurisma. Gli aprono la testa come un melone, settantasei punti a perenne ricordo sulla scatola cranica. Ventiquattro giorni bloccato a letto, poi il lento recupero, sette mesi prima di tornare in sella e il miracolo sportivo di una vittoria colta in Australia dopo soli 37 giorni di allenamento. «Quella è stata la vittoria della vita, queste sono vittorie importanti che vanno ad arricchire una vita», dice questo ragazzo dal fisico normale, che vive a Pinto alle porte di Madrid.
Dicono che sia fortunato, e lui si sente tale. Il primo Tour lo vince nel 2007 perché sul più bello gli tolgono dagli zebedei Michael Rasmussen (rispedito a casa dal Tour e dalla sua squadra per vicende poco chiare). A soli 24 anni si trova a lottare per il Tour e lo vince per una manciata di secondi nell’ultima crono ai danni di Cadel Evans. Dicono che è fortunato perché l’anno scorso aveva al proprio fianco uno squadrone (quest’anno saccheggiato dal texano) e soprattutto un santone come Lance Armstrong. In verità lo spagnolo l’anno scorso ha conquistato forse il Tour più bello, vincendo prima la lotta interna con il texano e poi rifilando ceffoni a tutti ad ogni latitudine. Quest’anno ha fatto molta più fatica. Un Tour sottotono, vinto da un Contador sottotono: per questo Andy Schleck (nella crono stravinta da Cancellara s’è beccato solo 31”) e Denis Menchov (che ha conquistato il podio ai danni di Samuel Sanchez), non si devono sentire giganti.
«Sono davvero felice commenta a caldo lo spagnolo - è tutto l’anno che lavoro per questo obiettivo. È la vittoria al Tour che mi dà più emozione e voglio dedicarla a tutti quelli che mi hanno sostenuto. In certe giornate quest’anno non sono stato nella forma migliore, ma alla fine questa gioia mi fa dimenticare tutte le sofferenze. È un momento magico per lo sport spagnolo e sono felice di contribuire a renderlo ancora più speciale».
Oggi passerella finale sui Campi Elisi. In gioco l’ultima volata, l’ultimo sprint tra Cavendish, Petacchi e Hushovd. Sarà un gioco a tre anche per la maglia verde della classifica a punti, che l’Italia vinse nel ’68 con Franco Bitossi, quando in verità era di colore arancione.
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