da Milano
Parte col passo multietnico di Il quadrato e il cerchio, (tratto dal nuovo cd Psiche in vetta alla hit parade), «confessione di attualità pellerossa» dove echi della ballad americana incrociano Morricone, i Balcani e mille altri profumi. Paolo Conte è così nella serata di apertura del suo nuovo tour, (allo Smeraldo di Milano per sei serate), pronto a giurare con la voce e con la melodia di non essere nato solo «sotto le stelle del jazz». Lo dice per i puristi, «che potrebbero offendersi», ma nel suo dna cè quel senso innato dello swing che lo porta a inventare canzoni dai suoni aspirati come una sigaretta, tirando su melodie notturne che incrociano Parigi e il «vej Piemont», introspezione sabauda e libertà creativa dispirazione afroamericana.
Conte riarrangia in modo spiazzante ed esemplare (grande band con un inatteso e cangiante violinista) brani come Alle prese con una verde milonga, come la raffinata Gli impermeabili, e ricostruisce con una verve ancor più lunatica e ghignante pezzi come Bartali o Genova. Considerato chiuso e schivo, stupisce per lampiezza dei suoi riferimenti stilistici, ed è uno dei pochi cantautori che sa portare la tradizione nel quotidiano (e viceversa), trasformando la piemontesità in linguaggio internazionale senza perderne lanima popolaresca. Non esagera con le canzoni del nuovo album; ne butta lì qualcuna (splendida la incantatoria Berlino e la divertita Velocità silenziosa, sempre sul mito della bicicletta, scritta come sigla del Giro dItalia e poi ben incastonata a metà strada tra Bartali e Diavolo rosso) preoccupandosi di miscelarla con i classici sul filo di una coerente tensione emotiva.
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