Sì, mamma: sto bene. No, non ho la tosse: mi è solo andato di traverso il respiro. Te lo garantisco: non mi è venuto il raffreddore. No, mamma: la canottiera non me la metto più da quando facevo la quarta elementare. Sì, mi sono vestito abbastanza. Sì, lo stomaco è coperto. Sì mamma: anche i piedi sono al caldo. Te lo garantisco. Ho mangiato a sufficienza? Sicuro. Ti sembra che possa morire di fame? No, mamma: lo so che non si scherza su quelli che muoiono di fame. Il fatto è che scherzo sempre quando sono un po’ stanco. No, mamma ho detto: «un po’» stanco. Non ho bisogno di tre mesi di vacanza, mi basta qualche ora di sonno. Sì, mamma, adesso vado a dormire. Ma guai a te se mi ricordi di nuovo di lavarmi i denti e di usare il filo interdentale...
Mamme ansiose? Ditemi voi chi non s’è riconosciuto almeno di striscio in questo dialogo immaginario (immaginario lo dico anche per mia madre: date le circostanze, non vorrei si preoccupasse). Il fatto è che non esiste in natura una madre che non si preoccupi: l’ansia sta alla mamma come Cip sta a Ciop, come Stanlio sta a Ollio, come Spic sta a Span. Difficile immaginarli separati. È vero che la signora di Ferrara, al centro del caso finito in Cassazione, ha esagerato un po’ con il senso di protezione: aveva impedito al figlio di frequentare chiunque fino all’età di 6 anni, incidendo anche sul suo normale sviluppo. Per questo è stata condannata. Ma la sentenza della Corte coglie ai punti estremi un problema che, nella sua sostanza, è tutt’altro che estremo. Anzi, è molto diffuso: la preoccupazione mammifera è un’onda nera che dilaga per la nostra società. Di fatto non c’è bimbo che non rischi di rimanere schiacciato sotto il peso insopportabile di «poverinismo» genitoriale.
Fateci caso: ogni minuto rischiamo l’overdose di Ansiolin materno e anche un po’ paterno. Il bebè va male a scuola? Colpa della maestra che non lo capisce. Alle medie non sa fare due più due? Colpa della prof che non sa spiegare. Veramente, signora, due più due bisognerebbe impararlo in prima elementare... «Sì, ma lui quel giorno non era in classe perché aveva mal di pancia, poverino». L’allenatore di calcio lo manda in panchina? Non capisce niente. Lo schiera in campo? Sì, ma nel ruolo sbagliato. Scusi, signora, non sarà che suo figlio è una pippa? Macché: potrebbe essere più forte di Cassano, se solo lo sapessero aiutare. Però forse è meglio che il prossimo anno giochi a scacchi, così non suda. E caso mai si mette a piovere, poverino, almeno non si bagna...
Bisogna pure metterli un po’ al riparo, questi ragazzi, no? Dalla pioggia e dalla vita. La signora di Ferrara sarà iper-protettiva, ma gli altri non scherzano affatto. Il bimbo all’asilo si comporta male? Facciamo causa alla maestra. Il bimbo alle elementari sfascia il banco? Protestiamo con il preside. Il bimbo alle medie aggredisce il professore? Poverino, chissà come è stato provocato. Una volta se uno studente tornava a casa da scuola con un cinque si prendeva una sberla. Adesso la sberla la prende il suo insegnante. I colloqui scolastici sono diventati una specie di Vietnam: i docenti devono affrontare la giungla passando in mezzo agli agguati dell’iperprotezione. «Perché non gli ha dato la sufficienza?». Semplice: suo figlio non sapeva un beato nulla. «Impossibile: l’ho visto io che studiava». Quanto? «Almeno mezz’ora, le assicuro. Non poteva fare di più...».
Non poteva fare di più, ecco. Che ci volete fare? Una volta si aiutavano i figli a costruirsi una vita, ora li si aiutano soprattutto a costruire alibi. Così vengono su felici e bamboccioni. Se non riescono è colpa di un altro, se sbagliano è perché c’è qualcuno che ce l’ha con loro. Responsabilità, questa sconosciuta. Stamattina non vai a scuola? «No ho mal di testa». Oggi esci con gli amici? «Sì, mi è passato il mal di testa». Poverino, vorrete mica infierire su chi soffre di cefalee. E se poi soffre anche di disturbi gastro-intestinali, palpitazioni, asma e infiammazioni delle vie respiratorie, che ci possiamo fare? Con tutta l’aria inquinata che respirano oggi, mica sarà colpa loro? Certo è un po’ strano che tutte queste malattie passino d’incanto quanto si tratta di fare notte in discoteca, ma non vorrete star lì a sindacare. Almeno che si divertano un po’, poverini, con tutto quel mal di testa di cui soffrono alla mattina...
Di alibi in alibi, stiamo procreando generazioni di debosciati sotto teca, spine dorsali rammollite sotto finte campane di vetro, con genitori trasformati in scudi umani nel tentativo di tenere lontano dai loro eterni pargoletti ogni pericolo possibile e immaginabile. Ma così si fa davvero il bene dei figli? O li si lascia impreparati alla vita, alle relazioni, incapaci persino di camminare da soli proprio come il bimbo di Ferrara? Per carità: l’ansia delle mamme, nella quasi totalità dei casi, nasce a fin di bene.
Ma si trasforma inevitabilmente in un male contemporaneo, in una piaga sociale, una diffusa bambocceria che toglie nerbo, vita e coraggio ai nostri giovani. E dunque un po’ a tutti. Adesso, per esempio, scusate, ma devo smettere di scrivere: quest’articolo è fin troppo lungo. Rischio di stancarvi e di stancarmi. Soprattutto, non vorrei che mia mamma si preoccupasse.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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