Cultura e Spettacoli

«CONVERSANDO» TRA MALUMORI PRIVATI

Per una volta lo si può dire sfidando le ironie: non ci sono più, almeno in televisione, le interviste di una volta. Per rendersene conto basterebbe che un Blob, o qualche scheggia delle Teche Rai, o una qualsiasi pillola di amarcord televisivo mandasse in onda alcuni spezzoni delle belle interviste che faceva Maurizio Costanzo in Bontà loro (1976) e le confrontasse con quelle con cui si è cimentato in Conversando (domenica su Canale 5, ore 18,45), nuova occasione per rivederlo all’opera in un faccia a faccia con un ospite alla volta. Se le interviste di allora avevano il timbro personale di un cronista di razza, che mirava a far emergere i chiaroscuri pubblici e privati degli intervistati attraverso un’atmosfera introspettiva e domande dense di acume psicologico, quelle di oggi si confondono con l’indistinto chiacchiericcio pettegolo e autoreferenziale al mondo televisivo di cui sono pieni i palinsesti, e soprattutto i contenitori pomeridiani e domenicali. Non si nota alcuna sostanziale differenza, tanto per fare un esempio, tra le domande rivolte nella stessa puntata iniziale di Buona Domenica da Paola Perego ad Anna Falchi e quelle che Maurizio Costanzo ha posto a Mara Venier e Cristiano Malgioglio. Ed è il segnale che l’intervista, genere nobile attraverso cui potrebbe passare una straordinaria gamma di informazioni e sollecitazioni umane dense di interesse, si sta sempre più trasformando in una futile occasione concessa agli intervistati per sfogare malumori, indulgere al vittimismo, replicare pubblicamente a presunti torti ricevuti facendo nomi e cognomi, solleticare rimostranze, togliersi sassolini dalle scarpe, fare persino appelli di interesse esclusivamente privato, come quello di Cristiano Malgioglio che ha chiesto di essere ricevuto dal direttore generale Cappon. Sono interviste che fanno ormai riferimento solo al modesto orto televisivo, che esauriscono la maggior parte delle curiosità rivangando polemiche ormai defunte di cui si è lamentata la stessa Venier («Ma Maurizio, mi stai ancora a chiedere della rissa tra Zequila e Pappalardo?»), oppure, se toccano aspetti privati come la traumatica esperienza di un aborto, lo fanno dando la sensazione di forzare la volontà dell’intervistato. Del resto lo scadimento progressivo dello spessore delle interviste, del loro contenuto e del tono sempre più greve con cui si svolgono è facilmente riscontrabile in svariati ambiti del palinsesto televisivo, e risulta tanto più evidente quanto più ci si rassegna a volare bassi, uniformandosi al clima di gossip permamente che si è spalmato nell’etere.

A trent’anni da Bontà loro, si sente forte la differenza rispetto a un tempo in cui un’intervista era, molto spesso, un'occasione da non perdere.

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