In Angola tutto tranquillo. Stando ai giornali e alle televisioni. Hanno sparato a quelli del Togo, hanno ammazzato l’autista dell’autobus e altri due componenti la nazionale (l’addetto stampa e il viceallenatore), uno dei portieri, Kodjovi Obilale, lotta tra la morte e la vita, Adebayor, la stella, l’attaccante del Manchester City di Roby Mancini, ha pianto, si è salvato dai proiettili ma è tornato già in Inghilterra. I compagni suoi si sono ritirati, un paio sono in ospedale, con i colpi di mitra nelle gambe e nella schiena, gli altri hanno lasciato Luanda, è intervenuto persino il governo di Lomè a richiamare in Patria la nazionale. Stasera qui incomincia la coppa delle nazioni d’Africa, l’Egitto è il campione ma le quindici squadre in campo (alle quali si dovrebbe aggiungere - senza calciatori che giocano in Europa - il Marocco, che fu eliminato proprio dal Togo) hanno altro per la testa.
L’atto terroristico di venerdì, a mezzogiorno, è soltanto un segnale di allarme perché quelli del Flec, il fronte di liberazione dell’enclave di Cabinda, hanno promesso altre azioni, altre mitragliate e roba simile. Dal 1957 la zona è di guerriglia, tra la repubblica democratica del Congo e il Congo Brazzaville, chi passa da quelle parti, al confine con l’Angola, sa di attraversare trappole e rischiare agguati. Nessuno poteva però immaginare e prevedere che i terroristi avrebbero attaccato anche i calciatori della nazionale del Togo, il football resta un fenomeno sacro anche in Africa ma forse proprio perché il mondo del calcio guarda al coppa delle nazioni africane ecco che il Flec ha trovato l’occasione giusta per farsi riconoscere o conoscere.
Ma a Luanda tutto è sotto controllo. «Il primo ministro considera l’incidente in Cabinda come un atto isolato e ribadisce che la sicurezza della nazionale del Togo e delle altre squadre è garantita», recita l’obbligata nota governativa. Il premier, Paulo Kassona, ha garantito che la competizione avrà regolarmente luogo perché le forze dell’ordine sono in stato di allerta continuo e di ciò ha informato il presidente della Confederazione africana di calcio, Issa Hayatou. Volete sapere chi è costui? Una conoscenza del calcio italiano, è nativo di Yaoundè, del Camerun e nel 1982, dopo i mondiali in Spagna, a lui si rivolsero in mille per conoscere la verità su un paio di scoop giornalistici nostrani: uno riguardava la presunta corruzione di tesserati e affini di Italia-Camerun, l’altra sull’interessamento da parte della federcalcio di Yaoundè ad ingaggiare come allenatore Gigi Radice. In entrambi i casi Hayatou rispose con una fragorosa risata anche se i sospetti non sono mai evaporati, almeno quelli sostenuti da un paio di documentati giornalisti italiani. Ora Hayatou, divenuto il Platini dell’Africa (Caf come Uefa) ha a che fare con problemi drammatici, serissimi, tragici, l’attacco mortale a una nazionale iscritta al torneo, la decisione della stessa federazione del Togo di ritirarsi dalla fase finale della coppa. Anche perché il Togo, insieme ad altre tre nazionali dell’Africa occidentale, Burkina Faso, Costa d’Avorio e Ghana, avrebbe giocato a Cabinda, laddove le pistole del Flec sono ancora fumanti.
Dunque la situazione è gravissima anche se in Angola cercano di parlare d’altro, aspettano la partita inaugurale di questa sera contro il Mali, sventolano bandiere e suonano le trombette mentre qualcuno dovrà fare luce su quello che è accaduto venerdì, individuare e condannare gli assassini, avendo il coraggio di affrontare i terroristi del Flec. «È stato un atto di barbarie. Mentre noi eravamo qui per celebrare la festa del calcio africano. Ora bisognerebbe almeno porsi la domanda sull’eventuale stop alla coppa», riflette Hubert Velud, ct francese del Togo.
La coppa d’Africa ha avuto sempre un contorno misterioso e angosciante, dovuto alla disorganizzazione, ai pesanti problemi politici che dividono nazioni dello stesso continente, alle difficoltà logistiche, di trasporti e di comunicazione mentre, in parallelo, scendono in campo gli atleti milionari, quelli che hanno trovato gloria e denari in Europa, come Drogba del Chelsea, e ancora Eto’o, Sissoko, Meghni, Ghezzal, Mariga, Diamoutene, Asamoah, per citare i più famosi della serie A nostrana, tutti alla ricerca della grande affermazione nel torneo che illustra il continente che avrà l’onore storico, la prossima estate, di ospitare la coppa del mondo, in Sudafrica.
Ma la mitragliata di venerdì ha lasciato morti e paura. Si aspetta il fischio di inizio non sapendo come e quando arriverà la fine.
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