Il quarto governo Berlusconi è diverso dai precedenti. Il messaggio che nel ’94 fece nascere Forza Italia e le alleanze con essa della Lega e del Msi era legato al tema della libertà. Era il rifiuto dell’egemonia, divenuta dominio, del postcomunismo sulla politica e sulla cultura italiana. Era l’espressione di un sentimento di difesa di una maggioranza politica e sociale tradizionale che era stata privata della sua esistenza parlamentare. Sembrava quindi un provvedimento di emergenza, che avrebbe dovuto cessare, non appena il sentimento di allarme creato dagli eventi del ’93/94 nell’elettorato di centro e di destra, fosse venuto meno grazie all’azione di un governo che riuniva ai comunisti riformati i democristiani di sinistra. Questa era infine l’alleanza classica della politica italiana e il passare del tempo avrebbe condotto alla legittimazione della nuova forma di una antica alleanza.
Si crea così il concetto di «berlusconismo», cioè che il consenso attorno a Berlusconi fosse un fenomeno illusorio o un fenomeno criminale o le due cose assieme: o una irrealtà o una provocazione. Questa fu in particolare la concezione di Romano Prodi, che riuscì a creare sulla base di essa l’alleanza di tutte le culture politiche italiane come le uniche legittimate dalla Costituzione a governare il paese.
Ma non è stato il fallimento di questo disegno politico il fatto determinante delle elezioni del 2008 già preannunciate dalla vittoria elettorale di Berlusconi di fatto nelle elezioni del 2006. Fu il sentimento che la coalizione di centrodestra aveva scelto una via differente dall’ideologia per governare il paese, diversificandosi anche dal suo originale discorso liberale. Il messaggio che l’alleanza berlusconiana, e ancor di più il governo successivo del 2008, hanno dato agli elettori era che la coalizione si presentava come legata all’attenzione del corpo del paese: alla sua realtà materiale, alla sua salvezza come economia e come società nella realtà del mercato mondiale e del cambiamento dell’equilibrio politico mondiale. Il problema della sicurezza dei paesi europei va ben oltre il tema dell’immigrazione e della legalità della vita cittadina. Il problema che tocca gli italiani è la domanda se sarà possibile alla nuova generazione raggiungere il livello della precedente: cioè se il sistema Italia nel sistema Europa possa continuare a crescere o è destinato a diminuire. Gli italiani sanno che la loro sorte individuale dipende non solo da ciò che fa ciascuno di loro ma dall’effetto complessivo che il sistema paese rappresenta nel mondo. Non a caso il dramma dei rifiuti napoletani è stato alla base politica del cambiamento del Paese: l’evidenza fisica che il monopolio della sinistra sul linguaggio politico non corrispondeva alla dimensione reale dei problemi: l’egemonia culturale della sinistra era finita.
Berlusconi che prende i voti nelle elezioni del 2008 sarà l’uomo che farà del problema di Napoli il primo impegno del governo con il messaggio di portare la città all’onore del mondo e salvare la ricchezza unica dell’Italia che sono l’eccellenza nella produzione e la ricchezza del suo paesaggio e della sua storia. Il principio, tante volte enunciato, che la globalizzazione determina la localizzazione cioè l’emersione del problema dei territori e delle loro identità ed esigenze si è verificato nelle elezioni 2008 a beneficio del sistema Italia. Il tema fondamentale di questo sentimento della vita ha creato il nuovo orientamento politico del Paese e quindi una forza politica in Parlamento. Quando i problemi diventano mondiali il sistema Paese diviene rilevante perché deve declinare i problemi nazionali nelle chiavi del sistema generale. Gli anni duemila ci mostrano che la storia europea non è più la storia del mondo e l’economia europea ha il suo punto debole nella società europea, nella crisi religiosa, morale, ideale dell’Europa contemporanea. I problemi dell’età tecnologica sono di carattere materiale e a un tempo morale in qualunque parte del mondo si pongano.
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