Cronache

Corona si racconta dal carcere: "Ero ossessionato da successo. Senza la galera, sarei morto"

L'ex agente dei Vip: "Il chirurgo mi aiutava a fermare il tempo, le sostanze chimiche mi davano una mano a reggere". E svela: "Mi riempivo di pillole: pillole per allenarmi, per fare l'amore, per dormire"

Corona si racconta dal carcere: "Ero ossessionato da successo. Senza la galera, sarei morto"

"Ho perso la fiducia dei magistrati e la mia credibilità. Anche se il mio non è stato un vero tentativo di evasione. Come si può pensare di fuggire a bordo di una 500 con 300 euro in tasca, rinunciando a tutto, mio figlio, il mio ufficio, la mia famiglia?". Fabrizio Corona sta scontando nel carcere di massima sicurezza di Opera. Dopo l'uscita del libro autobiografico Mea Culpa (Mondadori), l'ex agente dei paparazzi ha deciso di raccontare la prigonia a Vanity Fair. Nell'intervista dal titolo Volevo una vita perfetta, che si trova sul numero da oggi in edicola, si dice cambiato: "Il chirurgo mi aiutava a fermare il tempo, le sostanze chimiche mi davano una mano a reggere".

Adesso che ha perso alcuni denti, non sente la mancanza di quella vita consumata sul filo del rasoio. Il sesso, per esempio non gli manca. "Ne ho fatto così tanto prima del mio arresto che quasi avevo la nausea - afferma - quello che mi mancano sono le emozioni". La lontananza dalle telecamere e dai flash delle macchine fotografiche l'ha reso un uomo più libero. Paradossalmente, si sente più leggero dietro alle sbarre di un carcere di massima sicurezza di quanto non lo fosse prima dell'arresto. "Sono riuscito a fermarmi, ad avere il tempo di riflettere - racconta - non voglio sembrare drammatico, ma se non fossi finito in prigione, sarei potuto morire. Ero ossessionato dal successo, dai soldi. Dovevo avere le donne più belle, il fisico più scolpito, il look più alla moda. Volevo una vita perfetta e avevo il terrore di perdere tutto. E così mi ammazzavo di lavoro, incontri, appuntamenti, palestra. Il chirurgo mi aiutava a fermare il tempo, le sostanze chimiche mi davano una mano a reggere. Mi riempivo di pillole: pillole per allenarmi, per fare l'amore, per dormire".

Da quando ha mandato in stampa Mea Culpa, Corona ha sentito che la sua vita ha iniziato a cambiare. "Dopo un anno di carcere mi guardo allo specchio e mi vedo diverso - rivela a Vanity Fair - ho i capelli lunghi e ricci, la barba curata, ho perso molti denti, sono dimagrito, la mia faccia non ha più quel gonfiore chimico". Nell'intervista fiume Corona racconta la vita in carcere e smonta anche qui luoghi comuni sulle molestie sessuali che hanno ormai formato l'immaginario collettivo. "È una farsa da film americani - spiega - la verità è che l’omosessualità è un tabù assoluto. I gay stanno separati dagli altri detenuti, insieme con i pedofili e gli zingari".

Nella lunga chiacchierata con Enrica Brocardo, Corona non evita certo di tornare a puntare il dito contro i giudici e il sistema giudiziario. "Lo stesso giudice che mi ha condannato in primo grado a Milano nel processo di Vallettopoli - scrive nel suo libro autobiografico - ha condannato a sette anni Silvio Berlusconi per il Rubygate". Nell'intervista a Vanity Fair ha confermato la stessa condanna: "Trovo le sentenze nei confronti di Berlusconi assurde, come le condanne di Lele Mora e di Nicole Minetti. Lo dico perché quel mondo e le donne che ci ruotavano intorno lo conosco molto bene". E conclude: "Con Berlusconi mi accomuna solo una cosa: entrambi abbiamo esagerato con le accuse nei confronti della magistratura. Difendersi è giusto, ma bisogna sempre rispettare i ruoli e le regole.

Altrimenti ne paghi le conseguenze: l’ho imparato molto bene".

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