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Corpi speciali islamici per arrestare gli sms

Ufficialmente l’obiettivo è stroncare il traffico di droga e la prostituzione. Ma lo scopo vero è scovare chi protesta o chi si organizza solo per fare festa

Corpi speciali islamici per arrestare gli sms

L’ultima trovata degli ayatollah è controllare gli sms che gli iraniani utilizzano in massa per far girare la barzelletta sul loro presidente duro e puro, Mahmoud Ahmadinejad, oppure per ritrovarsi a una festa giudicata «peccaminosa» dai rigidi regolamenti khomeinisti. A Teheran è stata annunciata la formazione di un organismo speciale per il controllo dei messaggi spediti via telefonino e Bluetooth, il sistema di comunicazione senza fili che coinvolge anche computer e palmari.
Ufficialmente l’obiettivo sono i cattivi che ordiscono i loro piani banditeschi via sms. «Il nuovo reparto avrà il compito di controllare che i trafficanti di droga, le prostitute, le bande di criminali non utilizzino questi sistemi per abbordare clienti o vittime, e che questi mezzi non si trasformino in un veicolo per offendere la religione», ha spiegato in una conferenza stampa il sostituto procuratore della capitale, Mohsen Toloui. In realtà si colpirà non solo i banditi, ma gli oppositori del regime e la gente comune, che magari manda un messaggino per protestare contro il rincaro dei prezzi o le rigide imposizioni religiose nella società. Via sms circolano le più acide barzellette su Ahmadinejad, e talvolta viene presa in giro anche la Guida suprema del Paese, il grande ayatollah Alì Khamenei. Non è escluso che ci sia lo zampino degli americani in milioni di sms che nei momenti di maggiore crisi arrivano sui telefonini iraniani. Uno dei casi più noti riguarda la barzelletta sugli elettori «asini» di Ahmadinejad che avrebbero portato in spalla gli iraniani rimasti a piedi a causa dell’incredibile rincaro della benzina. La tentazione del controllo, stile Grande fratello, sfiora l’inappuntabile magistrato Toloui, che ha minacciato: «Se l’uso illegale degli sms continuerà, saranno adottati provvedimenti cinesi». Ovvero blackout totale sulle reti di copertura dei 24 milioni di telefonini iraniani. In Cina, il corpo speciale che si occupa delle telecomunicazioni e del Web conta 34mila agenti, che in un solo giorno hanno messo i sigilli a 12.000 internet caffè. Nel mirino della polizia islamica ci sono anche i 7,5 milioni di navigatori su internet e i 100mila blogger, alcuni dei quali sono stati arrestati.
In nome della morale rispettosa del Corano sono stati bloccati gli accessi a dozzine di siti occidentali come Youtube, Wikipedia, il New York Times e i programmi in farsi della Bbc. Lunedì è stata incarcerata nella famigerata prigione di Evin, a Teheran, la giornalista-editore del sito web Zanestan, Maryam Hosseinkhah. Una settimana prima il sito era stato oscurato su richiesta del ministero dell’Intelligence. La Hosseinkhah si batte per i diritti delle donne nel mondo islamico, e su internet scriveva dell’eguaglianza con gli uomini.
Gli sms, invece, erano l’unico mezzo fino a ieri non controllato, attraverso il quale i giovani iraniani potevano scambiarsi informazioni e messaggi «proibiti», come gli inviti a feste e a concerti underground, senza rischiare di cadere nella rete della polizia. Non sempre funzionava: in agosto, vicino a Teheran, sono finiti in manette 230 ragazzi che si erano riuniti per un «satanico» rave party organizzato via internet e sms. La polizia religiosa aveva sequestrato nell’occasione 150 bottiglie di alcolici, 20 videocamere e 800 cd di musica «decadente», praticamente quella che i giovani di quasi tutto il mondo ascoltano ogni giorno.
La campagna di «moralizzazione» lanciata negli ultimi mesi è servita a sbattere in galera 3.400 persone. Lo ha annunciato ieri, con orgoglio, il generale Ahmad Roozbahani. Fra gli incarcerati non ci sono solo spacciatori di droga o criminali comuni, ma studenti, attivisti per i diritti umani e tanti giovani che probabilmente vogliono una vita normale, diversa da quella imposta dagli ayatollah. Non a caso il 53% degli arrestati ha un’età compresa tra 17 e 25 anni. Il 5% è addirittura rappresentato da minori di 17 anni. L’aspetto più inquietante è che secondo Roozbahani «per 50 delle 3.400 persone arrestate per immoralità, nelle ultime settimane, è stata emessa la condanna a morte».
Non a caso ieri un comitato dell’assemblea delle Nazioni Unite ha votato una bozza di risoluzione che esprime «profonda preoccupazione» sulle violazioni dei diritti umani in Iran.
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