Corteo La città sfila con gli stranieri: «Non è vero che siamo razzisti»

In testa al corteo c’erano proprio gli immigrati, i pochi rimasti a Rosarno dopo la guerriglia urbana e la grande fuga imposta dalle forze dell’ordine. Ma la marcia di ieri era soprattutto quella degli abitanti del paese che vogliono dire no alle accuse di razzismo che li hanno visti protagonisti negli ultimi giorni. Ad aprire il corteo uno striscione che voleva riassumere insieme lo stato d’animo dei calabresi e la voglia di ribellarsi al cliché che molti hanno affibiato alla gente del posto in questi giorni: «Abbandonati dallo Stato, criminalizzati dai mass media, 20 anni di convivenza non sono razzismo». Tra i partecipanti anche la donna in stato di gravidanza costretta da alcuni extracomunitari, nel corso degli incidenti di giovedì, a scendere dalla sua automobile e picchiata al punto da rischiare di perdere il bambino.
Alla manifestazione, secondo gli organizzatori, c’erano cinquemila persone, mentre per la polizia i partecipanti erano duemila. In ogni caso, l’iniziativa ha registrato una concreta partecipazione in un paese in cui negli ultimi giorni si sono colti forti segnali di insofferenza contro la presenza degli immigrati di colore. I commercianti hanno chiuso i loro negozi in segno di solidarietà. Non si è trattato di una serrata, come ha spiegato un commerciante, ma di un «segno tangibile e positivo di partecipazione ad un’iniziativa giusta ed opportuna».
Tensione per uno striscione con la scritta «No alla mafia, sì all’integrazione» sul quale compariva il logo della Regione Calabria.

I promotori del corteo hanno preteso che venisse tolto «perché la Regione non ha fatto nulla per risolvere il problema dell’eccessiva presenza di immigrati a Rosarno e delle gravi condizioni igieniche in cui sono stati costretti a vivere».

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