Il fango non è uguale per tutti. Dipende da chi lo tira e a chi arriva in faccia. Quello che parte da Repubblica e colpisce Silvio Berlusconi puzza sempre di sacrosanta verità. È industriale. È confezionato bene. Non ammette dubbi. È succulento. Non importa se ti arriva in busta chiusa direttamente dalle mani fantasma di qualche Procura. Non ci sarà mai un becchino o un moralista che avrà il coraggio di accusarti di dossieraggio. Anzi, si fa capire che Il Fatto , con la fuga di notizie, ha inquinato le prove. Come dite? Forse perché ha battuto Repubblica sul tempo. Può darsi. Ma Repubblica ci mette il romanzo. Non c’è nessuna remora a fare nomi e cognomi, tirare in ballo questo o quell’ospite seduto a cena, raccontare il menù e gettare lì un bel «bunga bunga » con effetto mediatico garantito. Basta dire «bunga bunga» e l’inchiesta che gli stessi Pm definiscono carica di dubbi, incompleta, tutta da verificare, con un registro degli indagati incerto e ballerino si trasforma in un tormentone da hit parade. Il bunga bunga è un’arma di sputtanamento micidiale.
L’ingrediente piccante per provare ancora una volta a far cadere il governo con un’esecuzione extrapolitica. Il «metodo Repubblica » costa poco.Non c’è bisogno di scarpinare in giro per cercare planimetrie o i progetti di qualche cucina. Non serve andare a Montecarlo. Il lavoro faticoso lo fanno altri, segugi in toga. A loro basta aggirare il segreto istruttorio e leggere le carte. Il resto è narrazione. Repubblica ti prende questa ragazzina marocchina, che si chiama Karima, ma i più conoscono come Ruby, e ti porta dentro la sua storia. Segue i suoi occhi e le sue parole e racconta tutto come se fosse la sceneggiatura di una fiction. Non si sa bene da dove arrivino le informazioni. Come fa Repubblica ad avere i verbali? Non dovrebbero essere segreti? Chi è il passacarte? No, cosa state a pensare, questi non sono dossier.
Questo è mestiere. Solo che in un Paese dove tutti sostengono che la privacy è sacra, il racconto della storia di Ruby è già una condanna per Berlusconi e per chi lo frequenta. Non c’è nessuno che dica: aspettiamo l’esito dell’inchiesta. Questa ragazzina potrebbe essere una mitomane, qualcosa magari è vero, molto è inventato. Quando fu arrestata a Messinaper furto raccontò che l’avevano violentata. Non era vero. Era una scusa. Era un modo per cavarsela perché certe volte le bugie sono l’unica via di fuga. Anche i Pm dicono che le sue parole sono un continuo stop and go. Allude. Non convince. Ma nel «metodo Repubblica » non ci sono troppi chiaroscuri. Ecco Berlusconi, ecco la minorenne, ecco il bunga bunga. La condanna è già scritta. Aspettiamo la fine dell’inchiesta? No, dimissioni. Dimissioni subito. Ma questo non è fango.
È giornalismo d’alto bordo. Il «metodo Repubblica » è un romanzo postmoderno che ha da 15 anni un solo protagonista. Ma non chiamatela ossessione. Non è una campagna di odio. È, la loro e solo la loro, il noumeno della libertà di stampa. L’essenza del giornalismo democratico. È alchimia. È il fango che si trasforma in oro colato. Il vero, il verosimile, il falso e l’ipotetico s’intrecciano su questo nome e diventano il sale dello stesso canovaccio. L’ambiguità crea fascino e in questo dire e non dire si assestano colpi bassi da maestri della gogna pubblica. Leggete. Titolo: «Ruby e il Cavaliere. Le mie notti ad Arcore».
Non importa che Ruby non parli di notti di sesso. È marginale. La villa di Arcore è evocata come un bunga bunga di massa. Scrivono. «Ruby fa i nomi degli ospiti. C’è intero il catalogo del mondo femminile di Silvio Berlusconi. Conduttrici televisive celebri o meno note, star in ascesa, qualcuna celeberrima, starlet in declino, qualche velina, più di una escort, ragazze single e ragazze in apparenza fidanzatissime, due ministre. E Repubblica non intende dar conto dei nomi ». Ma in realtà quelle due ministre dice già molto. Quante sono le ministre in carica? Quattro. Dici due e il sospetto cade su tutte e quattro. Dici due e ne sputtani quattro. Parli di una sera a cena con Ruby, Berlusconi, Daniela Santanchè, George Clooney, Elisabetta Canalis. Sarà vero? Dice il vero, Ruby, o mente? A quanto pare mente. Ma intanto la butti lì.
La Santanchè dice che lei Clooney non l’ha mai incontrato. «Io George Clooney non ho mai avuto il piacere di conoscerlo, né in Italia né nel resto del mondo. Non mi sono mai seduta al tavolo di un ristorante, di un bar, di una casa privata con Clooney, per cui se tanto mi dà tanto, non vorrei che tutto fosse un bufala». Ma per Repubblica tutto questo non conta.
La verità è già scritta. Berlusconi non è Fini. Il romanzo del Cavaliere deve avere un solo finale: la sconfitta del protagonista. La missione Ruby è partita. Sarà lei a seppellirlo sotto un cielo di fango? Bunga bunga.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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