Cosentino: al mio processo ne vedrete delle belle

nostro inviato a Santa Maria Capua Vetere

Una Croisette per la star di Gomorra. Prima fila per i reporter della Bbc. Di lato le vedette di Sky. Qua e là i microfonisti di Radio radicale. I cameramen Rai sgomitano invece nelle retrovie coi colleghi delle reti locali. Alle spalle un plotone di teleobiettivi puntati per immortalare la storica passerella in tribunale di Nick ’o americano, alias Nicola Cosentino, l’imputato colletto bianco di Gomorra che i pm vogliono organico al clan dei casalesi al punto da negargli, ripetutamente, i chiarimenti da lui richiesti per smontare accuse ancora ieri definite «fuori dalla grazia di Dio».
Proprio qui, nella bolgia dell’aula al pian terreno del palazzo di giustizia di Santa Maria Capua Vetere, di buon’ora va in scena l’esordio dell’ex sottosegretario all’Economia, potentissimo parlamentare del Pdl campano, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. Cosentino vuole che il processo si faccia subito, alla luce del sole, coi media sempre schierati e il pubblico più affollato possibile, non solo oggi, ma a tutte le otto udienze già calendarizzate dal presidente che lo giudicherà colpevole o innocente. Esige il contraddittorio, l’imputato eccellentissimo. Vuol parlare a ruota libera, finalmente. Sbugiardare i pentiti in batteria. Spiegare matematicamente perché non può esser stato eletto dai clan. Chiarire l’insussistenza dei rapporti col malaffare di Casal di Principe, a cominciare dalle vicende legate al business dei rifiuti. Ostenta calma ma si morde la lingua, l’ex vice di Tremonti. Quando le domande dei cronisti minano la sua pazienza, parte in quarta.
Prima d’entrare in aula ripete che ha chiesto e ottenuto di saltare l’udienza preliminare per andare subito al dibattimento con rito immediato. Ha fatto il contrario della Boccassini con Berlusconi su Ruby. «Non ne posso più della macelleria mediatica e delle accuse a senso unico. Non ho mai avuto la possibilità di difendermi. Tanti imputati eccellenti invece parcheggiano lì le loro vicende. La mia condotta è stata cristallina, e verrà fuori. Ho fiducia nella magistratura giudicante».
Finita l’udienza, rimandata al 18 marzo, esce e commenta col contagocce. Poi non si ferma più. «Se avrete la bontà di seguire il processo nel vedrete delle belle». A cominciare dai rifiuti e dalle accuse della Dna: «Ma scusate un secondo: io sono stato per vent’anni all’opposizione e sono io che debbo rispondere di reati così infamanti mentre chi ha prodotto questo sistema utilizza ancora scorciatoie per evitare un giudizio?». Niente da rimproverarsi, proprio niente? «Dal punto di vista della mia condotta assolutamente no. Politicamente, penso che ho fatto vincere troppo il centrodestra. E questo forse ha dato fastidio a qualcuno…». Qualcuno tipo Bocchino?, gli chiede un avvocato di passaggio. «Sentite, qui è chiaro che è tutta una manovra politica. Mi si accusa di aver preso dei voti ma nel ’96, nel collegio elettorale di Casal di principe, considerato tra i più mafiosi d’Italia, è stato eletto Italo Bocchino, mica io che sono stato eletto altrove. Dopodiché sono stato candidato nel 2000, nel 2004, nel 2006 in posizione blindata nel collegio Campania 2, ero ai vertici del partito e salivo in automatico. Io non ho preso voti camorristi. Dal ’95-’96 non c’è più un parlamentare incriminato per voto di scambio. Bocchino mi fa la guerra perché in Campania non tocca palla». E l’impresa in odor di camorra a cui lei, Cosentino, avrebbe fatto favori? La domanda è secca, e il caffè va di traverso: «Primo non ho fatto alcun favore! Secondo, vi siete chiesti se per caso questa società non era anche in rapporti con noti amministratori di centrosinistra? Solo per me è un reato? E per gli altri no?». La risposta piomba anonima dalle retrovie: «Certo, onorevole, perché tu ormai sei il deputato di Gomorra». E qui torniamo a bomba: «Insisto. L’attenzione dovrebbe essere stata rivolta verso chi è stato eletto nel collegio dei casalesi, coi voti dei casalesi, e quella persona non sono certo io. La mia esperienza politica è di antica data, le mie lotte anticamorra saranno tutte documentate, come la mia amicizia con don Peppino Diana, il prete ucciso dai clan e di cui parla spesso Saviano. La mia vicenda è il frutto di fuoco amico per aver fatto un rinnovamento importante della classe politica, dopodiché ne ha approfittato la sinistra che ha scaricato su di me colpe che erano sue da decenni».
A proposito di fuoco amico, dal capannello al bar parte un’altra provocazione. «Nico’, e la Carfagna sindaco?». Cosentino non fa una piega: «Ho sempre detto che sarebbe stata una buona candidatura ma par di capire che né lei né Berlusconi avessero seriamente pensato a un’ipotesi del genere. Il candidato del Pdl sarà Lettieri». Immancabile un accenno sull’autore di Gomorra.

«E vabbè, rispondo pure su Saviano: vi sorprenderò, ma sono pronto ad in contrarlo. E vorrei vederlo prima di essere dichiarato innocente come Andreotti, Mannino, o il povero Tortora. Perché io sarò assolto e chi mi ha pugnalato alle spalle, giuro, un giorno pagherà».

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