da Venezia
Yuri Gagarin! Per chi ha unetà, il nome dà un brivido. Al primo astronauta, Claudio Baglioni - che aveva dieci anni quando Gagarin compì limpresa, avrebbe dedicato quindici anni dopo una delle sue canzoni meno note e più insolite («E lazzurro sincendiò / al cielo mi donai / Gagarin figlio dell'umanità». Era laprile 1961. LItalia festeggiava il secolo di unità, quando lUnità - intesa come «quotidiano del Pci fondato da Antonio Gramsci» - annunciava il volo orbitale del giovane ufficiale sovietico con titoli di scatola; evitava di ricordare però che era grazie a scienziati tedeschi - quelli che nel 1944 avevano costruito la V2 - che lUrss prevaleva nello spazio sugli Usa. Dove altri scienziati tedeschi avrebbero presto ripreso, e definitavamente, legemonia. Originando un flusso di film, a partire da Conto alla rovescia di Robert Altman (1969). Dietro la storia e i grandi uomini, ci sono la cronaca e piccoli uomini, ci dice Soldato di carta di Alexey German jr, presentato ieri in concorso alla Mostra. Qui Gagarin lo vediamo solo alla fine del film, che è centrato su un nevrotico medico (Merab Ninidze) georgiano (la Georgia era allora Urss), che avrebbe bisogno di cure, tanto teme per i suoi pazienti, che sono militari volontari e non (solo) cavie. Fra amori svogliati, il medico saggira nel disadorno cosmodromo di Baikon Ur, nel Kazakhistan, scivolando nell'angoscia. Lapice del prestigio sovietico è qui mostrato con crudele piglio disfattistico.
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