Non è mai troppo tardi per rinsavire. Alla fresca età di novant’anni Carlo Azeglio Ciampi, in una stupefacente intervista rilasciata al direttore de La Stampa, apre gli occhi e si accorge che l’allargamento dell’Unione europea fu un errore. Con un candore invidiabile l’ex presidente afferma che «oggi dovremmo chiederci se sarebbe stato meglio non essere di manica larga nell’ammettere nuovi Stati. E se questa è la domanda, la risposta è senz’altro sì».
Ma pensa, non ce ne eravamo accorti. Dato che siamo in vena di ripensamenti forse occorre un aiutino per ricordare chi furono gli artefici di questo capolavoro. Il trattato che accolse la Grecia nell’Unione monetaria, girando occhi e testa per far finta di non vedere che Atene non era pronta, è del 19 giugno 2000. Chi era il presidente della Repubblica italiana? Ovviamente quello stesso Ciampi che oggi si rende conto dell’«errorino» e che in precedenza era stato anche ministro del Tesoro dal ’96 al ’98 nei governi Prodi e D’Alema. Chi era il presidente del Consiglio? Guarda caso il suo compagno di svalutazioni del ’92, Giuliano Amato.
Ma soprattutto, chi era il presidente della Commissione europea? Sempre casualmente il grande sponsor dell’allargamento totale dell’Europa: Romano Prodi. Quello stesso Prodi che creò il nuovo posto del “Commissario europeo per l’Allargamento” (sic!) affidandone la poltrona al socialista tedesco Gunther Verheugen, che diventerà poi noto per aver promosso a capo dipartimento la sua fidanzata (memorabili le loro foto in un campo nudista lituano) con relativo stipendio di 11.000 euro al mese. Quello stesso Prodi che difese a spada tratta l’Eurostat (che dovrebbe convalidare i conti degli Stati membri) in un clamoroso scandalo che scoppiò durante la sua presidenza.
Eurostat poi a sua volta girò a lungo la testa davanti alle forzature di bilancio del governo del Professore, che nel 2006 appesantirono i conti italiani con trenta miliardi di costi inesistenti o non dovuti per poi potersi prendere i meriti di un risanamento che c’era già stato. Fu sempre Prodi, insieme a un altro grande esponente della sinistra europea, lo spagnolo Pedro Solbes, il primo in assoluto a ricevere nelle sue mani il foglio con gli stiracchiati conti della Grecia che chiedeva l’ammissione alla moneta unica: avvenne il 9 marzo del 2000 e, prima ancora di guardare cosa c’era scritto, si premurò di festeggiare il nuovo arrivo affermando in una nota ufficiale che «un’area Euro allargata era un’ottima cosa sia per i membri della prima ora che per i nuovi arrivati».
Adesso scopriamo, grazie a Ciampi, che forse quella mossa non fu poi così geniale. Benissimo, ma a questo punto occorre fare due conti: il costo dell’«errata valutazione» del ’92, quando Amato e Ciampi dissiparono tutte le riserve valutarie della Banca d’Italia, non è mai stato rivelato in modo convincente ma una stima conservativa lo pone a circa 50 miliardi di euro.
Il costo della questione greca deve ancora essere scritto ma appare più che evidente che sarà memorabile. Diamo pure atto delle migliori intenzioni, ma quando ci sono errori di tale peso non dovrebbe valere come scusa il «pensavo di fare bene», eppure, misteriosamente, quegli stessi censori di parte sinistra che si stracciano le vesti per ogni minuzia dell’attuale governo non hanno mai pensato di puntare seriamente il dito contro i loro «padri nobili», fino al paradosso che adesso sono quegli stessi numi tutelari ad accusarsi tra loro (seppur con molto garbo).
Si dirà che è semplice parlare dopo che i guai sono emersi. Vero, è facile. Ma il rendersi conto tardivo di un errore non scusa chi l’errore lo ha causato, anche se si dovesse semplicemente riconoscere la colpa senza il dolo. Invece nel nostro strano Paese ci si scanna per un appartamento acquistato sottocosto ma si fanno spallucce sulle origini di danni da decine di miliardi.
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