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Crisi, Grecia a un passo dal precipizio

Crisi, Grecia a un passo dal precipizio

Nessun accordo sul debito greco: inutile l’incontro, durato cinque ore, tra il premier greco Lucas Papademos e i leader dei tre partiti di governo, per avere il via libera alle riforme richieste da Fmi, Bce e Ue come condizione per un nuovo piano di aiuti da 130 miliardi di euro, fondamentale per la Grecia per evitare la bancarotta a marzo. Niente accordo a Borse chiuse, come si sperava: e i mercati aspettano con preoccupazione il nuovo incontro di oggi.
Papandreu minimizza, parlando di accordo raggiunto sui «punti base» del piano, ma le posizioni restano lontane. La troika chiedeva nuove misure di austerità che il «Paese non può permettersi», ha detto il leader di Nuova democrazia Antonis Samaras, mentre il leader di estrema destra Georges Karatzaferis ha affermato di non voler «contribuire all’esplosione di una rivoluzione» accettendo le misure proposte.
Il tempo però stringe, e nella notte, Papademos ha incontrato ancora una volta i rappresentanti dei creditori pubblici, Unione europea, Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale,la cosiddetta «troika». I negoziati «sovrumani», come li ha definiti il governo, non possono interrompersi, perchè la posta è altissima: evitare la bancarotta della Grecia.
Senza i nuovi aiuti, la Grecia fallirà a marzo, quando dovrà rimborsare 14,5 miliardi di euro di bond in scadenza. E in queste ore la «missione impossibile» di Papademos è far cambiare idea a George Papandreou, Antonis Samaras e George Karatzaferis, rispettivamente leader del partito socialista, di Nuova democrazia (destra) e del Laos (estrema destra),i tre partiti che sostengono la sua coalizione di governo. Ue-Bce-Fmi infatti chiedono l’abbassamento dei salari minimi e il taglio delle tredicesime anche nel privato, e un intervento sulle pensioni complementari. Inoltre, vogliono nuovi tagli pari all’1% del pil - circa due miliardi di euro - quest’anno, inclusi abbattimenti di costi di difesa e sanità. Richieste su cui sia da destra da sinistra sono state espresse serie contrarietà, per l’effetto negativo che l’ennesimo pacchetto di misure «lacrime e sangue» potrebbe avere sull’economia del Paese. E anche i sindacati si oppongono in modo forte ai tagli dei salari nel settore privato, sostenendo che aggraverebbero la recessione, già al quarto anno e con la disoccupazione sopra il 19 per cento.
Il compito di Papademos quindi è davvero arduo: tanto che ieri, secondo il Financial Times, il premier greco avrebbe anche contattato personalmente il presidente della Bce Mario Draghi e Christine Lagarde, direttore generale del Fmi. Obiettivo di Papademos, cercare di convincere i «prestatori» internazionali a sbloccare i nuovi aiuti, senza porre condizioni troppo dure al governo, che non riuscirebbe ad avere il sostegno del Parlamento. Ma senza farsi eccessive illusioni: come ha ricordato ancora una volta il capo dell’Eurogruppo, Jean-Claude Juncker, se il governo di Atene non metterà presto in atto le riforme promesse, la Grecia potrebbe fare fallimento nel giro di due mesi e non ci si potranno attendere «gesti di solidarietà da parte degli altri».
Allo stesso tempo, Atene è impegnata da settimane in un difficile negoziato con i creditori privati sulla ristrutturazione del suo debito. «Ci sono cinque personaggi chiave in questa saga - spiega il capoeconomista globale di Unicredit, Erik F.Nielsen - il governo greco, i creditori privati, l’Fmi, la Bce e i contribuenti europei. Questi ultimi tre sono stati coinvolti perchè i creditori privati hanno smesso di finanziare l’eccesso di spesa del governo greco.

Ma in realtà la Grecia continuerà ad avere bisogno di loro nei prossimi anni, anche se ridurrà il suo debito- come deve essere- e la questione è come la Bce e i contribuenti europei potranno proteggersi, anche attraverso il Fondo salvastati».

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