Crisi, i guru e le previsioni sbagliate Sacconi: "Così usciremo dal tunnel"

Il ministro del Welfare: "Con la Banca d’Italia solleciteremo i grandi gruppi creditizi". Quei guru del pil che hanno sbagliato tutte le previsioni

Crisi, i guru e le previsioni sbagliate 
Sacconi: "Così usciremo dal tunnel"

Ministro Maurizio Sacconi, nel nuovo decreto anticrisi ci sono ancora misure di emergenza. Ma non stavamo uscendo dal tunnel?
«I mesi di fronte a noi sono i più difficili proprio perché ci avviciniamo al punto di inizio del dopo crisi e ci allontaniamo sempre più dall’avvio. Questo significa che molte nostre imprese soffriranno perché esauriranno le loro scorte e correranno il rischio dell’asfissia prima che arrivi l’ossigeno della ripresa».

E nel complesso le decisioni prese dal governo le considera sufficienti?

«I tre criteri ai quali abbiamo ispirato la nostra azione sono validi e vanno rafforzati: stabilità della finanza pubblica, liquidità delle imprese e occupabilità delle persone. Garantire le finanze dello Stato è servito ad attraversare indenni il tunnel della crisi e la sua stabilità deve essere ancora un obiettivo primario».

Fare qualcosa per la liquidità a favore delle imprese... Tocca alle banche?

«Dovremo sollecitare insieme alla Banca d’Italia i grandi gruppi creditizi a cambiare i loro modelli gestionali che hanno centralizzato la valutazione del merito del credito».

Come?

«Dovremmo stimolare accordi tra i consorzi fidi, le banche locali e i grandi conglomerati creditizi, in modo che questi accettino le valutazioni dei consorzi circa l’affidabilità delle imprese, anche perché questi soggetti condivideranno con loro il rischio dell’affidamento».

Un capitolo importante del decreto riguarda il suo dicastero, il lavoro. L'obiettivo è sempre costruire un ponte che faccia attraversare al Paese l'ultimo tratto di deserto?

«Certo, l’obiettivo è il mantenimento della base occupazionale dell’Italia. E con essa deve rimanere viva la base produttiva del Paese se vogliamo che sia pronto ad agganciare la ripresa. Per questo dobbiamo insistere nel chiedere e nell’incentivare ogni forma di moratoria dei licenziamenti».

Era una richiesta dei sindacati, che avete accolto con la formazione per gli ex cassintegrati e i contratti di solidarietà.
«Abbiamo messo a disposizione strumenti per far restare in vita i rapporti di lavoro e mantenere attive e occupabili le persone. Per questo abbiamo reso ancora più convenienti i contratti di solidarietà, che consentono di distribuire su un numero maggiore di persone il minore di monte ore lavorate. Allo stesso modo abbiamo incentivato le imprese a riprendere in azienda i cassintegrati, sulla base di programmi di formazione lavoro».

Non teme che le aziende ne approfittino e riportino in azienda dei lavoratori facendo finta di fare formazione?

«No, ci sarà un controllo istituzionale e sociale. Tutto sarà deciso in accordi presi al ministero del Lavoro con aziende e controparte sindacale. E comunque non mi sembra questo il tempo per preoccuparsi di una patologia di questo tipo. Piuttosto c’è da preoccuparsi dell’inattività delle persone».

Però la terza misura, il premio a chi si mette in proprio, punta a fare uscire i dipendenti dall'aziende...

«Anche questo provvedimento risponde all’idea di mantenere attive le presone. Magari avevano già idea di intraprendere un’attività e noi gli diamo la possibilità di capitalizzare in un’unica soluzione tutti i sussidi ai quali hanno diritto. E con questi potranno finanziare lo start up della loro idea».

Un’idea molto veneta...
«I lavoratori non si mettono in proprio solo in Veneto».

Per superare l’ultima fase della crisi lei disse che i giovani dovrebbero accettare tutti i lavori. Conferma?
«Certamente. È importante che le persone non restino inattive. E i giovani, che sono più flessibili, dovrebbero evitare di restare passivi imitando quello che fanno anche gli adulti negli Stati uniti quando accettano lavori lontani o lontanissimi dai loro desideri e dalla loro formazione».

Poi cosa scrivono sul curriculum?

«Riporteranno quell’esperienza e saranno considerati persone responsabili, che non si sottraggono alla fatica» .

È tempo di scelte per i giovani che si devono iscrivere all’università. Che facoltà consiglia alle matricole?
«L’Italia ha un ritardo, evidenziato dal rapporto Pisa dell’Ocse, nelle competenze scientifiche, in matematica e tecnologia. Noi dobbiamo stimolare quanto più i nostri giovani a scegliere percorsi che li rendano più occupabili. Questo è un problema strategico».

Intende dire che in gioco non c’è solo il futuro professionale dei giovani?

«Infatti. Il declino demografico insieme al basso livello delle conoscenze può veramente diventare la base del declino economico e sociale del nostro paese. Anche in questo campo si deciderà la competitività quando ci sarà la ripresa».

Parliamo di social card. Lei ha annunciato che allargherete la platea degli interessati. Si può sapere come?

«Ancora no, stiamo facendo calcoli sulle risorse residue».

Allora non avete speso tutti i soldi che servivano per finanziare la carta?
«Si, avevamo stabilito dei criteri per avere la carta adattandoli alle risorse a disposizione e abbiamo visto che gli aventi diritto sono molto al di sotto delle aspettative. Ma la vera novità della carta è proprio questa, si disegna per la prima volta l’area della povertà assoluta».

Lei ha detto che bisogna mantenere la stabilità dei conti pubblici. Ma questo potrebbe comportare anche un intervento sulle pensioni che fino ad oggi avete evitato.
«Certamente all’ordine del giorno c’è l'adeguamento alla sentenza della corte di giustizia europea sull’equiparazione dell’età pensionabile dei lavoratori e delle lavoratrici nel settore pubblico. Ma è aperto anche un problema di stabilizzazione delle finanza pubblica nel medio periodo. Nel breve come nel lungo questa stabilità sembra essere garantita, nel medio occorrere rendere almeno neutrale la variabile dell’aspettativa di vita. Ne parleremo con le parti sociali, consapevoli che i sindacati ci potranno chiedere il rafforzamento delle protezioni delle pensioni basse dall’inflazione».

Lei tempo fa propose uno strumento preciso per alzare le pensioni: un paniere tarato sui consumi degli anziani.

È il momento di riproporlo?
«Stiamo valutando. Certo un modo per garantire la tutela del potere di acquisto delle pensioni più basse è proprio quello di prevedere un paniere specifico dei consumi della terza età».

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