È commosso, e si sente. Andrea Bocelli segue minuto per minuto ciò che sta accadendo a Haiti. «Langoscia di questi giorni dice è difficile da descrivere a parole».
Il suo filo diretto con lisola caraibica è strettissimo. Un paio danni fa, al teatro delle Muse di Ancona, gli incassi di un concerto di Bocelli sono serviti per costruire lorfanotrofio Maison des Anges a Port-au-Prince, autentico toccasana in un mondo in cui labbandono minorile è una vorace piaga sociale.
«Pensavo fosse stato distrutto dalle scosse e ho subito detto che lavremmo ricostruito. Ma in realtà è stato solo danneggiato, anche se gravemente».
E allora, Bocelli, che cosa farete?
«Lo rimetteremo a posto. Con un pizzico di buona volontà si può fare tutto».
Come è nato il suo rapporto con Haiti?
«Attraverso la Fondazione Francesca Rava, una onlus che da anni si occupa anche di quelle zone disastrate. Ho conosciuto Padre Rick, una persona meravigliosa, un sacerdote che è arrivato ventanni fa a Haiti, si è reso conto che la necessità primaria della gente erano i medici e così è andato negli Stati Uniti, si è laureato in medicina ed è tornato a Port-au-Prince per curare i fedeli. Una storia vera che allarga il cuore».
Un esempio per tutti.
«È venuto al mio concerto di Ancona. So che il terremoto ha ucciso anche un ragazzo che era venuto qui da noi, Ryan, lo ricordo bene. In queste ore Padre Rick ci sta mandando e-mail angoscianti».
Che cosa scrive?
«Che gli manca tutto: medicine, antidolorifici, antibiotici, persino i sacchi per i cadaveri. Lo possiamo aiutare attraverso la Fondazione Rava».
Caro Bocelli, spesso le iniziative umanitarie destano sospetti perché non si sa se fidarsi oppure no.
«Quelle sono persone che conosco bene. Garantisco io senza dubbio: gente così è al di sopra di ogni sospetto».
Lei andrà ad Haiti?
«Nellimmediato futuro direi di no. A parte medici e missionari, tutti gli altri sono dingombro. Lì non cè acqua, non cè sopravvivenza. Tutti gli sforzi che possiamo fare si devono concentrare sullinvio di materiali indispensabili per la vita. Anzi, diciamo che i soldi saranno indispensabili soltanto in una seconda fase: adesso ci vogliono le materie prime. La distruzione laggiù, da quanto mi confermano anche le e-mail di Padre Rick, è impressionante. Mi hanno appena detto che dalle macerie di un palazzo è stato estratto addirittura il corpo del presidente del Senato. Questo per dare lidea dello sfacelo».
Per di più si è sfaldato anche lo Stato.
«La situazione è difficilissima da tanti anni, figurarsi adesso».
Ormai non comanda più nessuno.
«Nessuno. Pensi che nel 2004 gli Stati Uniti hanno inviato un contingente militare per cercare di rimettere in ordine la situazione. Ma non è servito a nulla, tanto è complicata. E il generale americano che comandava le truppe si è suicidato per il fallimento della sua operazione. E dire che negli anni Sessanta Haiti era tra le zone più floride di quellarea geografica. Poi è esplosa la violenza ed è arrivata la catastrofe. Un po come sta accadendo al Libano, un Paese che una volta era considerato come una specie di Svizzera del Medio Oriente».
Lei cosa sta facendo?
«Tutti insieme ci siamo appellati a Simon Diaz, lorganizzatore di un mio concerto nella vicina Santo Domingo. Gli abbiamo chiesto di preparare dei camion dentro il quale stipare tutte le cose disponibili tra medicine, body bags, acqua, anche gasolio. Senza gasolio là non funzionerebbero i generatori e si fermerebbe anche quel poco che funziona».
Sono già arrivati?
«Macché.
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