Un ricorso al Tar della Lombardia è stato rigettato perché redatto mediante l'uso dell'intelligenza artificiale: i giudici hanno ritenuto sleale l'operato dell'avvocato, che è stato addirittura segnalato al suo Ordine. Il fatto, riportato da Il Corriere della Sera, si è verificato alcuni giorni fa.
Stando a quanto riferito, tutto è cominciato dalla volontà di una madre di presentare ricorso contro la bocciatura della figlia in seconda liceo. L'avvocato ha dato avvio all'iter previsto, ma si sarebbe servito dell'intelligenza artificiale per scrivere il documento da presentare in tribunale. Pare che l'AI avesse generato dei casi giudiziari non esistenti, commettendo dei veri e propri errori, e all'occhio attento ed esperto dei giudici tutto ciò non è sfuggito. A quel punto il ricorso è stato respinto, ma non è finita qui. Il Tar della Lombardia ha infatti trasmesso il caso all'Ordine degli avvocati di Milano, che si pronuncerà sulla condotta del professionista. I giudici del Tar hanno censurato il ricorso, affermando che l'avvocato è stato processualmente sleale nel riportare casi e precedenti giuridici non pertinenti o addirittura inesistenti.
L'Ordine degli avvocati di Milano procederà presto a inviare gli atti presso Consiglio distrettuale di disciplina: a quel punto potrebbero arrivare le prime sanzioni e/o censure.
Ci sono dei precedenti. C'è infatti un caso avvenuto al tribunale di Firenze, che si è espresso contro certe sentenze inesistenti (generate dall'AI) e citate da un avvocato. In quel caso al legale è andata meglio, perché i giudici ritennero che non si incorresse nella lite temeraria, in quanto la citazione errata non andava a incidere in maniera determinante nella decisione finale. Un altro episodio simile è avvenuto a Torino, dove la lite temeraria è stata riconosciuta, e il legale ha dovuto pagare le spese dalle lite, oltre a corrispondere la cifra di 500 euro a entrambe le parti in causa, e alla Cassa delle Ammende.
Tornado al caso del Tar della Lombardia, il presidente della V sezione Stefano Mielli e le sue colleghe Concetta Platamura e Silvana Bini affermano che la condotta adottata dall'avvocato "costituisce una violazione del dovere del difensore di comportarsi in giudizio con lealtà e probità".
Secondo i giudici una simile condotta "introduce elementi potenzialmente idonei ad influenzare il contraddittorio processuale e la fase decisoria verso un percorso non corretto, e perché rende inutilmente gravosa a giudici e controparti l’attività di controllo della giurisprudenza citata e dei principi apparentemente affermati".