"Uccise Aurora": 17 anni al fidanzato

Il ragazzo 16enne l'ha fatta cadere dal balcone: omicidio con l'aggravante dello stalking

"Uccise Aurora": 17 anni al fidanzato
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Diciassette anni, invece dei 20 e 8 mesi chiesti dall'accusa. È la condanna inflitta all'ex fidanzatino 16enne di Aurora Tila, la ragazzina di 13 anni morta il 25 ottobre 2024 a Piacenza, cadendo dal balcone al settimo piano del palazzo in cui viveva con la madre e la sorella più grande. Per il Tribunale per i minorenni di Bologna è stato un femminicidio, forse quello con la vittima più giovane.

Non sarebbe stato un gesto volontario, come ha cercato di fare credere la difesa durante il processo che si è svolto con il rito abbreviato. Aurora secondo i giudici è stata ammazzata dall'ex fidanzatino, al quale sono state riconosciute tutte le aggravanti, compreso lo stalking, e la sola attenuante della minore età. L'imputato aveva 15 anni quando Aurora è morta e si è sempre dichiarato innocente: non è stato lui a spingerla di sotto dal settimo piano, hanno sempre detto in aula i suoi legali, facendo credere che si fosse buttata o che fosse stato un incidente. Ma i testimoni hanno raccontato di avere visto la ragazzina aggrappata alla ringhiera che gridava mentre lui le colpiva le mani con le ginocchia per farla cadere. L'autopsia ha rilevato lesioni sulle nocche, compatibili con questa dinamica. Un omicidio pluriaggravato per il Tribunale dei minorenni, che ha condannato il 16enne al massimo della pena prevista dal rito abbreviato, mentre il pm Simone Purgato aveva sollecitato 20 anni e 8 mesi per porto abusivo di cacciavite. «Sono soddisfatta per la condanna a 17 anni, anche se 20 erano meglio. Ma almeno giustizia è stata fatta. Io ho sempre creduto nella giustizia, l'ho detto dall'inizio», ha commentato Morena Corbellini, la mamma di Aurora. Alla lettura del dispositivo si è commossa. «Ha accennato un sorriso, ma chiaramente non può esserci pace per una mamma che ha perso una figlia», dice l'avvocato Mario Umberto Caccuri. Il difensore del 16enne condannato, Ettore Maini, ha già annunciato che farà appello.

Aurora e il ragazzino di due anni più grande si erano conosciuti sui social un anno prima della tragedia e si erano frequentati per alcuni mesi, ma presto la relazione era andata ben oltre la prima cotta. Lui era ossessionato dalla tredicenne, la cercava, la seguiva, nonostante lei fosse ancora una bambina. Aurora si era accorta che era un amore tossico, tanto da chiedere a ChatGPT se doveva lasciarlo. E forse aveva deciso di farlo. Sua madre si era anche rivolta ai servizi sociali. Quel giorno aveva incontrato il ragazzo nella palazzina accanto a quella dove abitava, forse per un ultimo appuntamento. Aveva mentito alla mamma, dicendo che andava a fare colazione con le amiche prima di andare a scuola, invece doveva vedersi con lui. L'incontro è presto degenerato in lite, una discussione andata avanti a lungo, sentita dai vicini e dalla gente per strada. Finché il 15enne - hanno stabilito i giudici - ha spinto di sotto Aurora.

Proprio come lo stesso imputato ha confessato ad un compagno di cella, raccontando che mentre la ragazza cercava con tutte le sue forze di tenersi alla ringhiera urlava, forse nel tentativo di salvarsi: «Perché mi stai facendo questo? Io ti amo». Nessun ripensamento però da parte del ragazzo, che anzi è stato visto percuoterle le nocche per farle perdere la presa. Dall'autopsia sarebbero anche emerse tracce di botte, lividi e lesioni precedenti alla caduta.

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