I punti chiave
Il 31 marzo del 1995 s’è consumato il disastro aereo più letale della storia della Romania. Quel venerdì mattina il volo Tarom 371 – diretto all’aeroporto di Bruxelles, in Belgio – si schiantò due minuti dopo il decollo dall’aeroporto di Bucarest, in un capo nei pressi di Balotești. 60 persone a bordo, tra passeggeri (49) e staff (11). Il bilancio fu drammatico, una terribile carneficina: tutti morti, nessun sopravvissuto. E le indagini furono travolte dalle congetture sul terrorismo.
Lo schianto del volo Tarom 371
31 marzo 1995, aeroporto di Bucarest-Henri Coandă. L’equipaggio del volo Tarom 371 si prepara alla partenza destinazione Bruxelles, in Belgio. Un viaggio dalla durata di tre ore. A bordo ci sono 49 passeggeri, la maggior parte di nazionalità belga. Malgrado la neve, il decollo viene autorizzato. Il comandante è Liviu Bătănoiu, mentre il primo ufficiale è Ionel Stoi: due profili esperti, con oltre 23 mila ore di volo. I due piloti sono al comando di un Aribus A310, nuovo gioiellino della compagnia romena, avanguardia di una nuova generazione di jet passeggeri. Il comandante supervisiona i livelli di spinta dell’aereo controllati automaticamente dal computer, mentre è il primo ufficiale a pensare ai comandi.
Il decollo è perfetto, subito dopo l’aereo fa una virata a sinistra. Le nuvole basse riducono la visibilità a zero, ma i piloti hanno grande esperienza per volare con i display di volo. Ma dopo pochi secondi, all’improvviso, il primo ufficiale nota che qualcosa non quadra: l’aereo si sta inclinando drasticamente a sinistra e virando fuori rotta. In altri termini, l’A310 sta picchiando verso il suolo ed è in grave pericolo. Nonostante i tentativi per raddrizzare la situazione, non c’è niente da fare: il velivolo precipita in un campo Balotești, a meno di tre chilometri dall’aeroporto.
Nell’area dello schianto scoppia un vastissimo incendio, contenuto dai vigili del fuoco solo dopo un’ora e mezza. Nonostante il repentino intervento dei sanitari, non c’è niente da fare per chi era a bordo: non ci sono superstiti. L’aereo è stato completamente disintegrato dall’impatto e i rottami sono sparsi. La notizia della tragedia del Tarom 371 fa il giro del mondo e partono immediatamente le prime congetture: l’incidente aereo è stato causato da un attacco terroristico?
Le indagini
Le indagini sull’incidente aereo del Tarom 371 vengono affidate alla squadra di Sorin Stoicescu. Le prime testimonianze riferiscono di un’esplosione in volo: una versione che confermerebbe l’ipotesi di una bomba a bordo e dunque di un attentato. Gli inquirenti iniziano con il recupero dei rottami, ma la forma del cratere fornisce una prima risposta: l’aereo è sceso pressochè in verticale, con un’inclinazione estrema. I riflettori vengono dunque accesi sui motori: entrambi versano in pessimo stato, ma gli investigatori possono escludere avarie.
Gli investigatori romeni, affiancati da esperti provenienti da Francia e Belgio, decidono di chiedere supporto alla torre di controllo. Le comunicazioni radio sono state di routine, ma emerge subito che il volo ha incontrato problemi subito dopo il decollo. Le condizioni meteo hanno interpretato un ruolo decisivo? Al momento della partenza c’era del nevischio. Ma anche questa è una strada da scartare: l’aereo era stato sghiacciato prima del decollo e quindi non può essersi verificato un accumulo sulle ali.
Complice il dibattito mediato, le congetture sul volo Tarom 371 si moltiplicano. C’è chi punta il dito contro la mafia, chi contro il fondamentalismo islamico. Al team di investigatori si aggiunge l’Fbi, chiamata a valutare l’ipotesi di una bomba a bordo. Le voci sull’attentato sono legate a quanto accaduto due settimane prima, quando sullo stesso volo era stato segnalato un ordigno. I funzionari del Bureau vanno alla ricerca di detriti per verificare l’ipotesi di un’esplosione in aria, ma non ne vengono individuati. Vengono dunque analizzati i detriti, in particolare alla ricerca di tagli nel metallo, ma anche in questo non viene segnalato nulla di anomalo. Dopo cinque giorni di approfondimenti, gli esperti dell’Fbi non hanno dubbi: non esistono prove di un attentato terroristico.
La svolta
Gli investigatori esplorano altre ipotesi e valutano le condizioni meccaniche dell’A310. Il registro del jet fornisce uno storico dettagliato: tutte le revisioni programmate sono state effettuate puntualmente. Ma c’è un’eccezione che merita attenzione: in un paio di occasioni l’automanetta non si era mossa come previsto. Si tratta del sistema di spinta automatica del velivolo: in poche parole, una volta iniziata la salita, dopo il decollo, a volte il motore numero 1 aveva una tendenza a tornare al minimo quando si passava dalla potenza di decollo a quella di salita. Le cause del malfunzionamento erano sconosciute.
Perché i meccanici non hanno corretto il problema? La risposta arriva subito: i tecnici affermano di non essere stati in grado di riprodurre il malfunzionamento in terra. Un malfunzionamento che era stato segnalato persino dallo stesso capitano del Tarom 371. E qui arriva un’ulteriore risposta: i piloti erano in grado di fronteggiare l’anomalia. Può essersi dunque trattato di un errore umano? I referti medici non segnalano problemi né dal punto di vista fisico, né da quello psicologico. Ma la svolta arriva con le scatole nere.
Il registratore dei dati di volo rivela che, dopo un minuto con nulla di insolito, i numeri diventano caotici. Anziché livellarsi dopo la virata, l’aereo si inclina sempre più drasticamente. Il mezzo perde quota rapidamente, da quel picco bastano diciannove secondi per distruggersi a terra. I dati sulla prestazione dei motori stabiliscono che il motore sinistro a un certo punto ha iniziato a perdere potenza, creando uno sbilanciamento. E dunque perché il capitano non ha tenuto la mano sulla manetta? La risposta arriva dal registratore di cabina.
Sì, perché dopo aver confermato al collega di sorvegliare le manette, il capitano ha accusato un problema di salute. “Mi sento male” le parole che gli investigatori riescono a carpire dalla registrazione. Poi un rumore, probabilmente un lamento, infine il silenzio. Forse un attacco cardiaco. A quel punto la manetta sinistra torna indietro, creando lo sbilanciamento sempre più netto, fino allo schianto a 620 km/h.
Secondo gli inquirenti, il malore del capitano ha travolto il primo ufficiale, complice anche la visibilità scarsa causa maltempo e il problema tecnico dell’A310.
Quando ha provato a recuperare il controllo dell’aereo, era troppo tardi: la situazione era troppo complessa.Le conseguenze
Nove mesi dopo l’incidente aereo del Tarom 371, Airbus dirama due bollettini di servizio per comunicare come sistemare il difetto dell’automanetta. Un anno dopo, le riparazioni diventano obbligatorie.