"25 vittime in 6 settimane". L’inferno di Juan Corona: così uccideva il killer del machete

Conosciuto anche come il killer del Machete, Juan Corona è stato incriminato per 25 omicidi compiuti in sei settimane a Yuba City, ma il bilancio potrebbe essere molto più elevato

"25 vittime in 6 settimane". L’inferno di Juan Corona: così uccideva il killer del machete

25 omicidi in circa sei settimane. Questo il curriculum criminale di Juan Corona, conosciuto anche come “il killer del machete” per l’arma utilizzata per compiere gli efferati delitti. Eppure gli esperti non sembrano nutrire dubbi: il bilancio potrebbe essere molto più elevato. Messicano d’origine, Corona vanta il macabro primato di assassino seriale più prolifico della storia della California.

Infanzia e adolescenza

Juan Vallejo Corona nasce il 7 febbraio del 1934 ad Ayutla, nello stato messicano di Jalisco. A soli 16 anni emigra illegalmente negli Stati Uniti, alla ricerca di condizioni di vita migliori sulle orme dei quattro fratelli e della sorella. Dopo un periodo di lavoro nell’Imperial Valley, si stabilisce a Yuba City, in California, dove trova impiego come bracciante nelle piantagioni agricole. Il fratello maggiore Natividad si è già trasferito in America nel 1944 e apre un locale chiamato “Caffè di Guadalajara” a Marysville. Il 24 ottobre 1953 si sposa con Gabriella Hermosillo a Reno, Nevada. Nonostante il matrimonio, ha relazioni con uomini e mostra occasionali episodi di rabbia. La sua bisessualità, unita al fatto che il fratello Natividad è apertamente omosessuale, sembra contribuire allo sviluppo di una forte tensione interna e di comportamenti omofobici.

Nel dicembre 1955 una grave inondazione del fiume Yuba causa 38 morti e colpisce la California settentrionale. L’evento ha forti conseguenze psicologiche su Corona, che manifesta deliri e sintomi psicotici: crede che tutti siano morti e che il mondo sia popolato da fantasmi. Il 17 gennaio 1956 viene ricoverato al DeWitt State Hospital di Auburn con diagnosi di schizofrenia paranoide. A partire dal giorno successivo riceve 23 sedute di elettroshock senza anestesia e viene dimesso tre mesi dopo. In seguito alla degenza, Corona viene rimpatriato in Messico, ma torna legalmente negli Stati Uniti grazie a una green card. Smette di bere, continua a lavorare, e si costruisce una reputazione di persona laboriosa, nonostante episodi sporadici di violenza. Nel 1958 si risposa con Gloria Moreno e la coppia ha quattro figlie: Martha, Victoria, Yolanda e Guadalupe.

Nel febbraio 1970 si rende responsabile di un tentato omicidio: aggredisce con un machete José Romero Raya, un cliente del locale del fratello. La vittima sopravvive, e la causa civile porta Natividad a vendere il bar e a lasciare il paese per tornare in Messico. Nel marzo dello stesso anno, Corona viene nuovamente ricoverato al DeWitt State Hospital.

Juan Corona diventa “il killer del machete”

A partire da febbraio 1971, una serie di omicidi colpisce la zona di Yuba City. Le vittime sono per lo più uomini tra i 40 e i 68 anni, spesso contadini, senzatetto, alcolizzati o immigrati, che Juan Corona attira con la promessa di un lavoro. Dopo averli reclutati, li aggredisce e uccide, principalmente con un machete o con coltellate. In alcuni casi, precede l’omicidio con abusi sessuali. Una delle vittime viene colpita da un’arma da fuoco.

Il 19 maggio 1971, un agricoltore di nome Goro Kagehiro scopre una fossa sospetta in un frutteto. Quando torna la sera, nota che la fossa è stata ricoperta e avverte le autorità. Gli agenti trovano un corpo maschile avvolto in un sacco di plastica nera, con evidenti segni di violenza sessuale, colpi di machete alla testa e materiale pornografico omosessuale tra i vestiti. La vittima viene identificata come Kenneth Whitacre, un senzatetto omosessuale. La polizia inizialmente ipotizza la presenza di due aggressori. Nei giorni successivi emergono altri corpi sepolti lungo il fiume Feather, scatenando il panico tra i braccianti della zona. La stampa battezza l’assassino come “il killer del machete”.

L’arresto e la condanna

Il 26 maggio 1971, grazie al ritrovamento di una ricevuta firmata da “Juan V. Corona” tra gli effetti personali di una vittima, la polizia effettua un arresto nella casa dell’uomo a sud di Yuba City. La moglie e le figlie vengono colte di sorpresa. Durante la perquisizione vengono raccolti numerosi elementi probatori: armi da taglio, una pala sporca di terra, sacchi contenenti vestiti insanguinati, e una lista di 34 nomi annotata su un taccuino, sette dei quali corrispondono a vittime note. Il furgone Chevrolet Impala parcheggiato dietro casa contiene armi, coltelli sporchi di sangue, il machete e tracce ematiche sui sedili. Il numero delle vittime accertate sale rapidamente da 9 a 25.

Il 30 maggio Corona viene trasferito in un’altra prigione per motivi di sicurezza. Il 2 giugno si dichiara non colpevole in un’udienza preliminare. Il 4 giugno si chiudono ufficialmente le ricerche, con un bilancio di 25 vittime, 4 delle quali non vengono mai identificate. Nel frattempo, Corona viene colpito da un infarto e diagnosticato con insufficienza coronarica. Trascorre molto tempo in infermeria.

Il processo comincia l’11 settembre 1972 a Fairfield. La difesa, rappresentata dall’avvocato Richard Hawk, invoca l’infermità mentale a causa della schizofrenia. Corona continua a professare la propria innocenza. Il 18 gennaio 1973, dopo 45 ore di camera di consiglio, il giudice Richard Patton emette una sentenza di colpevolezza per 25 omicidi di primo grado. Corona riceve una condanna a 25 ergastoli consecutivi, senza possibilità di libertà condizionale. Viene trasferito nel carcere di Vacaville, dove viene tenuto in isolamento per evitare aggressioni da parte degli altri detenuti. Il 6 dicembre 1973, durante una rissa, viene ferito al volto con un rasoio, perdendo l’uso dell’occhio sinistro. Viene poi trasferito nella prigione di Soledad. Nel 1974, la moglie Gloria ottiene il divorzio. Il fratello Natividad muore nel 1973 a Guadalajara, in Messico.

Il secondo processo e gli ultimi anni

Nel 1978, il nuovo avvocato Terence Hallinan ottiene la riapertura del caso, sostenendo la tesi che l’autore degli omicidi sia in realtà il fratello Natividad. Il secondo processo si apre il 22 febbraio 1982 a Hayward e si conclude sette mesi dopo. 50 testimoni si presentano in difesa dell’imputato. Corona si dichiara innocente anche in questa occasione.

Il 23 settembre 1982 la corte conferma la colpevolezza. Non viene concessa alcuna riduzione della pena. Nel 1992 Corona viene trasferito nella Security Housing Unit della prigione di Corcoran, dove resta fino alla morte, avvenuta il 4 marzo 2019 all’età di 85 anni.

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