A pochi passi dal centro di Torino, all’interno della Galleria Tirrena in via dell’Arcivescovado 9, si trova una delle esperienze museali più particolari e disturbanti d’Europa: il Museo dei Serial Killer, un percorso immersivo dedicato alle figure criminali che hanno segnato la storia con le loro azioni estreme. Si tratta della seconda sede italiana del museo, dopo quella di Firenze, ed è un’esperienza che lascia senza fiato.
Non si tratta di una semplice esposizione a tema noir, né di un’attrazione sensazionalistica. L’obiettivo del museo è diverso: accompagnare il visitatore in un viaggio storico, psicologico e culturale dentro le zone più oscure della mente umana, analizzando la nascita e l’evoluzione della figura del serial killer dal Medioevo ai giorni nostri.
Un percorso guidato tra realtà e inquietudine
L’esperienza inizia già all’ingresso, quando viene consegnata un’audioguida con la voce di Gianfranco De Angeli, noto narratore della trasmissione televisiva “Lucignolo”. La sua narrazione accompagna il visitatore per oltre un’ora, costruendo un filo drammatico che unisce luoghi, protagonisti e testimonianze.
Le sale del museo propongono un itinerario immersivo fatto di reperti, documenti, ricostruzioni sceniche e ambientazioni fedeli, che aiutano a comprendere non solo i fatti, ma anche il contesto storico e sociale in cui questi crimini sono avvenuti. Il percorso invita a riflettere sulle radici della violenza e sull’impossibilità di relegare il serial killer alla sola dimensione cinematografica o leggendaria: nella realtà, infatti, l’assassino seriale non è riconoscibile a colpo d’occhio, né prevedibile nelle sue azioni.
Una lente sulla storia del crimine
Il Museo dei Serial Killer non punta al macabro fine a se stesso, ma a una finalità didattico-educativa: ricostruire l’eziologia del crimine, analizzare i meccanismi psicologici e sociali che possono portare individui all’estrema violenza, e sviluppare una consapevolezza critica su un fenomeno spesso banalizzato dalla cultura pop.
Il rischio della società contemporanea, infatti, è quello di credere che il serial killer sia un personaggio confinato alle fiction o ai film, dove il confine tra bene e male è chiaro e dove il colpevole è sempre riconoscibile. La realtà è molto più complessa e il museo lo dimostra senza mai indulgere nella spettacolarizzazione.
Un museo unico nel suo genere
Per la sua impostazione, la cura dell’allestimento e il tipo di materiali proposti, il Museo dei Serial Killer di Torino rappresenta una realtà unica a livello internazionale. È un percorso che mette alla prova, scuote e obbliga a confrontarsi con una parte dell’umanità spesso ignorata, ma che esiste e ha lasciato segni profondi nella storia.
Chi varca la soglia del museo sa di entrare in un territorio emotivo complesso: non un mondo di mostri fantastici, ma un confronto diretto con storie reali, spesso difficili da ascoltare. Un viaggio che, pur inquietante, permette di capire quanto sottile e fragile possa essere il confine tra razionalità e impulso, tra ordine e caos, tra la nostra quotidianità e l’abisso.
Parla l’ideatore
“Io ero appassionato di criminologia. Nel 2006 ho creato a Firenze, in via Cavour, il primo Museo sull’assassino seriale. Fu un’idea mia e di un mio ex socio. Così è iniziato tutto: doveva restare aperto sei mesi, è andato avanti per cinque anni. Poi ci hanno offerto uno spazio al Museo della Polizia a Città del Messico, dove abbiamo aperto un museo che ancora oggi esiste. Insomma, l'idea è nata semplicemente da due ragazzi che avevano un amore comune per la criminologia” ci racconta Filippo Terzani.
Negli ultimi anni l’interesse nei confronti del crime è cresciuto esponenzialmente e Terzani ha le idee chiare sul tema: “Le persone tendono a esorcizzare le proprie paure. Chi ha paura del vuoto, tende a lanciarsi nel vuoto. Quindi si cerca sempre di conoscere quello che ci incute timore. Quello dei serial killer è un problema che riguarda un po’ tutti: anche il tuo vicino di casa, che esce di casa al mattino con la ventiquattro ore, potrebbe essere un assassino seriale. Noi cerchiamo di sensibilizzare, di divulgare la consapevolezza che questo problema potrebbe riguardare chiunque”.
Il trascorso criminale dei serial killer può non lasciare indifferenti anche i più grandi appassionati di crime. Lo stesso Terzani ammette: “Ci sono storie che mi hanno toccato più emotivamente. Ad esempio la storia del vampiro di Brooklyn, Albert Fish, che è quella che mi ha sconvolto di più. Il serial killer più vecchio della storia, perché ha iniziato a uccidere dopo i 60 anni, mentre solitamente iniziano a 20-25 anni. Purtroppo uccideva solo bambini e mandava lettere alle famiglie. Li mangiava e poi avvisava le famiglie. Aveva anche delle patologie strane: era masochista e gli piaceva il dolore. Quando gli fecero la radiografia della regione pelvica, scoprirono che si era infilato degli spilloni nello scroto. Nel nostro museo sono avvenuti diversi svenimenti, tanti di questi sono successi quando si parla di Fish”.
Ma quali sono le reazioni dei visitatori? Terzani è tranchant: “Tanti restano traumatizzati. Ogni volta che escono dal museo non chiedo mai ‘è bello?’. Io chiedo: ‘È stato interessante?’. Tanti mi guardano con gli occhi affascinati da quello che hanno ascoltato, ma c’è anche chi mi guarda un po’ disgustato, perché si parla senza censure.
Rimanere sotto choc è la normalità: la maggior parte non si aspetta che la mente umana possa arrivare a tanto”.Il Serial Killer Museum si trova in Via Dell’arcivescovado 9 (Torino). È aperto sette giorni su sette dalle 10.30 alle 18.30. Per maggiori informazioni visita il sito (clicca qui).