Cronaca internazionale

Le relazioni pericolose: l’accusatrice di Trump flirta con "l’inquisitore"

La procuratrice Willis ammette "l’affaire" con il legale a cui ha affidato le indagini sul voto truccato in Georgia

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Donald Trump segna un punto a favore in una delle quattro battaglie giudiziarie penali che da qui a novembre finiranno per incrociarsi col suo calendario elettorale. E lo fa in Georgia, dove dovrebbe celebrarsi, a partire dal 4 agosto, il processo forse più insidioso per l’ex presidente. La procuratrice distrettuale di Atlanta, Fani Willis, che ha costruito contro il tycoon e altri diciotto coimputati le accuse di interferenze nelle elezioni del 2020 in Georgia, è inciampata in una brutta storia di conflitto di interessi, che rischia di compromettere la credibilità dell'intero caso.
Willis, una democratica eletta nel 2021 a capo della Procura della Contea di Fulton, ha ammesso di avere una «relazione personale» con Nathan Wade, il procuratore speciale da lei stessa assunto per guidare le indagini a carico di Trump e degli altri accusati.

L’ammissione, contenuta in un documento depositato venerdì scorso in tribunale, è giunta dapo la mozione presentata da Michael Roman, uno dei coimputati, che ha messo in dubbio la correttezza dell’intero procedimento, chiedendo di essere prosciolto da tutte le accuse. Willis e lo stesso Wade si sono difesi affermando che all'epoca dell’assegnazione dell’incarico, nel 2021, il loro rapporto era strettamente professionale e che si è poi sviluppato in una relazione sentimentale a partire dall'anno successivo. Ma i legali di Roman contestano anche la competenza professionale di Wade, che aveva scarsa esperienza di dibattimenti penali, così come il cachet esorbitante che gli è stato finora pagato dalla Procura, oltre 650mila dollari. Soldi, dicono, con i quali Wade avrebbe pagato anche costose vacanze per lui e Willis, che avrebbe così tratto un vantaggio personale nel nominare il suo collega-amante a capo dell’indagine.

A complicare il tutto, la moglie separata di Wade, che una volta scoppiato lo scandalo ha ingranato la quinta nella sua causa di divorzio, chiedendo una deposizione di Willis e lasciando intendere che la procuratrice fosse la causa della fine del suo matrimonio. Prima di essere costretta ad ammettere l’affaire, Willis aveva tentato di contrattaccare tirando in ballo il razzismo, che a suo giudizio era il vero motore delle accuse che venivano rivolte a lei e al suo collega-fidanzato. Non le è servito.

Il giudice Scott McAfee, che presiede il caso contro Trump e gli altri coimputati, e che in questa circostanza è chiamato a giudicare la vicenda dell’affaire Willis-Wade, ha fissato per il 15 febbraio una nuova udienza, nella quale esaminerà la mozione presentata contro i due procuratori. Tutto si gioca sulle date in cui la relazione da «professionale» si sarebbe trasformata in «sentimentale».
Ben prima del 2022, accusano i legali di Roman. Ce n'è abbastanza perché Donald Trump tuoni contro il «processo truffa» ed evochi il consueto complotto contro di lui della Casa Bianca e del dipartimento di Giustizia. Per il momento, gli sviluppi della vicenda rimangono imprevedibili.

Difficile immaginare che il giudice tolga il caso a Willis e Wade, come è difficile immaginare che la giuria del processo contro il tycoon non rimanga influenzata da quanto sta accadendo, aprendo una breccia nel muro di certezze dell’accusa.

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