
"L’istruzione pubblica non può diventare un laboratorio di rieducazione ideologica. Il rispetto non si costruisce con l’imposizione. Educare alla tolleranza non significa imporre un pensiero unico". Fratelli d’Italia Roma si schiera contro l'ultima proposta di delibera del Campidoglio che prevede delle Linee Guida contro la discriminazione per orientamento sessuale e identità di genere, ma di fatto punta a introdurre la teoria gender nelle scuole della Capitale.
"Occorre distinguere tra tutela dei diritti e propaganda, tra accoglienza e imposizione culturale. Il rispetto del ruolo primario della famiglia nell’educazione non può essere messo in discussione. Giù le mani dalla scuola. Giù le mani dai bambini", dicono gli esponenenti di Fratelli d'Italia che oggi hanno indetto una manifestazione proprio in piazza del Campidoglio per protestare contro questa delibera che prevede corsi di formazione obbligatoria per i docenti degli alunni della fascia 0-6 anni sulla decostruzione degli stereotipi di genere. Fratelli d’Italia ribadisce il proprio impegno contro ogni forma di discriminazione e violenza, ma "se è giusto e doveroso promuovere il rispetto di ogni persona, è - si legge in una nota - altrettanto essenziale garantire che le istituzioni pubbliche mantengano una posizione di imparzialità, evitando l’adozione di visioni civiche o scientifiche oggetto di controversia". Secondo i meloniani capitolini il Comune di Roma "non può e non deve farsi portavoce di un’unica visione ideologica, pena la compromissione della coesione sociale e dei principi democratici sanciti dalla Costituzione". E ancora: "La delibera in discussione, - spiegano gli esponenti dell'opposizione - nel prevedere l’introduzione obbligatoria di corsi su identità di genere, linguaggio inclusivo e carriera alias, configura una forzatura ideologica che invade ambiti delicati quali la scuola, la famiglia e il lavoro". Il tema maggiormente in discussione è la cosiddetta 'carriera alias' che "sebbene presentata come misura di inclusione, crea in ambito educativo e amministrativo notevoli criticità, sganciando gli studenti dalla propria documentazione legale e rendendo instabili i processi di valutazione, certificazione e tutela". Fratelli d’Italia punta il dito "su una deriva sempre più evidente", ossia "l’infiltrazione dell’ideologia di genere all’interno delle politiche amministrative, in particolare in quelle scolastiche" e ritiene che "l’eventualità che i docenti siano obbligati a trasmettere tali contenuti agli studenti costituisce una violazione del principio di libertà educativa e di pluralismo culturale, riconosciuti dalla Costituzione". La delibera in discussione prevede, infatti, la formazione obbligatoria per i dipendenti comunali su identità di genere, linguaggio inclusivo e accoglienza delle diversità; l'uso di un linguaggio istituzionale non discriminatorio (es. “genitore 1 e 2”, schwa, pronomi neutri); la collaborazione con scuole, sanità, centri antiviolenza, forze dell’ordine; il monitoraggio e una valutazione affidati a strutture interne dedicate (U.O. Diritti LGBT+ e Pari Opportunità) e, infine, iniziative come spazi comunali riservati alla comunicazione LGBT o alla promozione del transgenderismo nello sport.
Una misura fortemente constestata anche da alcuni docenti. "Mi sento schiacciata nella mia libertà educativa", spiega Martina, una maestra d'asilo della Capitale. "I contenuti dei corsi sono confusionari per i bambini", dice. "Ci hanno detto in modo preconfezionato cosa dovevamo pensare e come dovevamo pensare, i libri che avremmo dovuto leggere, alcuni di questi riguardano le famiglie arcobaleno, l'utero in affitto, spacciandolo come una cosa meravigliosa e assolutamente naturale", rivela Martina, decisamente contraria a questo approccio educativa. "Ci hanno detto che non potevamo pensare cose differenti e dovevamo diffondere il pensiero del nostro datore di lavoro", ribadisce l'insegnante."Ciò che mi mette a disagio é che devo raccontare quanto é bella la storia di piccolo uovo e altre ancora che spacciano come assolutamente naturale qualcosa che in Italia é vietato. Cioé in Italia é vietato e io devo leggere il libro su quanto é bello? Anche se non lo penso?", si chiede riferendosi alla pratica dell'utero in affitto. Martina si chiede perché non sia stato aperto un tavolo di confronto con gli insegnanti "su come affrontare la situazione di estremo cambiamento che stiamo vivendo" e osserva che "non ci si é resi conto dei valori diversi, dei modi e dei punti di vista diversi rispetto questo argomento". In sintesi, "gli insegnanti cattolici o che sono contrari a questi punti di vista non sono preso in considerazione". Martina ritiene assurdo che "in nome della decostruzione degli stereotipi di chiamare stereotopi i giochi che i bimbi fanno abitualmente ai supereroi, alle principesse e che ci chiedano di stimolare le bimbe a fare giochi da maschi e i bambini a fare giochi che tipicamente sono indicati come femminili".
E aggiunge: "Oltre al discorso dei giochi ci hanno mostrato libri in cui sono ribaltare le visioni di maschi e femmine, spronando a dissuadere dai colori rosa e celeste (colori che i rispettivi generi adorano) e ci costringono a dire ai bambini che anche gli uomini si truccano e portano lo smalto.....". Sono discorsi che portano confusione e lavorano dentro i bambini che stanno formando la propria identità".