
Un blitz, a tutti gli effetti, stavolta l'hanno fatto polizia e carabinieri. Che ieri, all'alba di un giovedì qualunque di fine agosto, con i milanesi sospesi tra canicola e piogge torrenziali (e perlopiù ancora in ferie), si sono schierati in forze davanti all'ingresso dell'ex stamperia di via Watteau 7, a Greco, zona nord orientale della città, dal settembre 1994 sede ufficiale del centro sociale più famoso d'Italia, il Leoncavallo, per dare il via allo sfratto dai locali di proprietà della famiglia Cabassi. Un atto storico o comunque emblematico di un'epoca che cambia. E non poco visto che, su richiesta della proprietà, questo procedimento legale era atteso sin dal 2003, ma non era mai stato eseguito dopo che i ben 131 accessi tentati in questi anni erano inesorabilmente slittati uno dopo l'altro in rinvii dopo aver accertato che non c'erano mai le condizioni per portarli a termine.
Ieri, invece, l'effetto sorpresa ha preso in contropiede il Leonka: nessuno degli attivisti si trovava all'interno della struttura, la stragrande maggioranza non era neanche a Milano. Dopo aver bloccato gli accessi a via Watteau, le forze dell'ordine sono così entrate senza alcun problema di ordine pubblico insieme all'ufficiale giudiziario nella struttura deserta poco prima delle 9 e hanno atteso che il referente giuridico della struttura, una rappresentante dell'"Associazione Mamme del Leoncavallo", arrivasse con le chiavi dei locali. A quel punto, mentre la notizia dello sfratto rimbalzava sui social e davanti all'ex stamperia, tra via Bettoni e via Stella, si radunavano piano piano circa un centinaio tra gli attivisti rimasti in città, è iniziato il lavoro dei fabbri per sigillare definitivamente gli ingressi. Ai leoncavallini è stata data però la possibilità di recuperare il materiale lasciato all'interno.
Cori inneggianti al Leonka del tipo: "Viva il Leoncavallo!" gridati a più riprese, alternati agli insulti agli agenti schierati in tenuta antisommossa, e ai cori invocanti la resistenza. Quindi gli applausi, gli abbracci tra gli attivisti storici, qualche lacrima a rigare le guance, sono stati i simulacri di una giornata vissuta tra i ricordi e la disillusione di chi questo sfratto non se l'aspettava proprio.
Qualcuno spera nella mobilitazione, la "chiamata alle armi" per protestare come si deve (e non in un giorno d'estate senza preavviso, eh!) contro questo abbandono forzato dei locali del centro sociale ieri c'è stata. Lo storico portavoce del centro sociale Daniele Farina davanti al portone del Leonka, sotto una pioggia torrenziale, in serata ha lanciato una manifestazione nazionale per sabato 6 settembre a Milano, che sarà preceduta da una grande assemblea pubblica la stessa settimana. È seguito un piccolo corteo pacifico per le vie del quartiere, mentre il Leonka rimarrà sotto presidio delle forze dell'ordine anche nei prossimi giorni.
Grande assente o meglio grande inconsapevole, il sindaco Beppe Sala, titolare alla Sicurezza, che nonostante mercoledì fosse in città e avesse mandato un suo rappresentante al Comitato per l'Ordine e la sicurezza in Prefettura non era stato avvertito. Tutti sapevano cosa sarebbe successo l'indomani: il Prefetto, il Questore, la Digos, tranne lui che ha tenuto a prendere le distanze: "Per un'operazione di tale delicatezza, al di là del Comitato, c'erano molte modalità per avvertire l'Amministrazione milanese. Tali modalità non sono state perseguite. Ho ricevuto stamattina dal Prefetto la notizia" spiega anche per mettere le cose in chiaro con la sua maggioranza. Non solo, Sala rivendica la trattativa che stava portando avanti con l'associazione delle Mamme per mettere in regola il centro sociale in un nuovo spazio comunale a Porto di Mare: "Come Comune avevamo continuato, con i responsabili del Leoncavallo, un confronto che portasse alla piena legalità tutta l'iniziativa del centro". Infine la difesa dello spazio, in nome anche di quella "svolta a sinistra" chiesta dal Pd a metà luglio: "Sono convinto che il Leoncavallo rivesta un valore storico e sociale nella nostra città.
È la mia opinione, so che le mie parole non troveranno d'accordo tutti, ma questo centro sociale deve continuare ad emettere cultura, chiaramente in un contesto di legalità. Confermo la volontà di mantenere aperta l'interlocuzione con i responsabili delle attività del centro sociale".