Cronaca locale

Intossicato col latte materno, Simba muore a soli tre anni

Il piccolo, nato in una baracca da una madre tossicodipendente, aveva assunto sostanze stupefacenti con il latte materno. Soffriva di crisi d'astinenza che gli hanno causato danni neurologici e crisi epilettiche

Intossicato col latte materno, Simba muore a soli tre anni

Il piccolo Simba è morto. Il bambino che era stato soprannominato come il Re Leone dei cartoni animati, non ce l'ha fatta. In questi anni è stato assistito alla Casa di Matteo di Napoli, una struttura che si occupa da tempo dell'assistenza a bambini disabili gravi abbandonati o che i genitori non riescono ad assistere da soli. Simba è morto ieri, all'età di 3 anni e mezzo. Luca Trapanese, assessore alle politiche sociali del Comune di Napoli, lo ha ricordato in un post sulla sua pagina Facebook: "Simba è morto sereno e amato nella casa che lo ha accolto dalla nascita. Non aveva nessuno della sua famiglia originaria. Ha avuto una delle sue crisi e purtroppo o per fortuna non l'ha superata. È morto tra le braccia di Marco che lo ha voluto accompagnare in questo momento importante. Questo è il senso e lo scopo de La Casa di Matteo. Siamo fortunati che ci sia una realtà simile e delle persone che la portano avanti con amore e dedizione e non come un semplice lavoro".

La struttura che lo ha curato e assistito

La Casa di Matteo, che ospita bambini con gravi patologie, lo scorso agosto ha accolto anche Elsa, la principessa di Frozen, una bambina di 9 anni con la colonna vertebrale deformata perché non aveva mai dormito in un letto. Tutti i bimbi accolti nella struttura vengono soprannominati con nomi da cartoni animati. Il piccolo Simba era arrivato all'ospedale pediatrico Santobono di Napoli quando aveva circa 4 mesi, sotto segnalazione di un assistente sociale. Era nato in una baracca da una madre con problemi di tossicodipendenza. Tramite il latte materno aveva assunto sostanze stupefacenti e, per questo motivo, soffriva di crisi d'astinenza che hanno portato sia danni neurologici che crisi epilettiche. Ha anche subito due tracheotomie. Il fratellino si è salvato in tempo ed è stato adottato. Marco Caramanna, presidente dell'associazione La Casa di Matteo, ha raccontato al Corriere del Mezzogiorno: "Lo abbiamo accudito fino a ieri quando una crisi respiratoria, l’ennesima, lo ha portato via".

Caramanna ha poi continuato spiegando che "noi operatori siamo convinti di essere preparati perché viviamo tutti i giorni la sofferenza. Però la morte di un bambino di 3 anni è una cosa innaturale e per quanto puoi provare a prepararti alla fine non lo sei mai. Io ieri ero presente, ho partecipato alla rianimazione fisicamente, e a livello emotivo è stato davvero molto impegnativo. Anche perché abbiamo altri bambini in struttura e dover continuare a lavorare è stato un po' surreale. Mentre Simba era finito altri bambini avevano bisogno di me e io non potevo non accudirli".

L'annuncio sul social

Sempre su Facebook, anche la struttura ha ricordato il piccolo guerriero con commozione: "Non avremmo mai voluto dirvelo: il nostro piccolo Simba non ce l'ha fatta. Vi chiediamo scusa per non essere riusciti a trovare parole meno dirette e crude, ma a questo dolore non ci si abitua mai e la sofferenza è sempre più atroce. È successo tutto improvvisamente, come altre volte. Ma questa volta non ce l'abbiamo fatta. Noi, noi e lui, insieme. Non vogliamo farci domande, non sapremmo trovare risposte adeguate. Ringraziamo chiunque lo abbia amato, da vicino, da lontano. Siamo sicuri che anche il piccolo Re della Foresta vi abbia voluto bene. Domani alle 13.00 l'ultimo saluto presso la Parrocchia dell'Addolorata in Via Pigna, 203 a Napoli. Grazie ancora".

Simba, che non aveva né un padre né una madre, senza l'associazione sarebbe morto solo, in una stanza fredda d'ospedale. In questi pochi anni di vita ha avuto invece accanto delle persone che lo hanno amato, accudito, che si sono prese cura di lui, fino all'ultimo battito del suo cuoricino. "Simba non vedeva e non sentiva bene e noi avevamo organizzato attività sensoriali per riuscire a stimolarlo e a fargli avvertire il mondo circostante. Quando si agitava lo riuscivamo a calmare prendendolo in braccio. Sono cose che in ospedale non sarebbero avvenute perché è diverso il metodo e soprattutto i numeri da gestire", ha raccontato ancora Caramanna.

Segui già la pagina di Napoli de ilGiornale.it?

Commenti