La 40enne indiana condannata per l'omicidio di Mahtab Ahadsavoji, la studentessa di 29 anni uccisa a Milano nel 2014, è da poco tornata in libertà dopo aver scontato 10 anni di reclusione nel carcere di Bollate. Il fidanzato dell'epoca, condannato a 8 mesi per occultamento di cadavere - il corpo della ragazza fu chiuso in un trolley e gettato nella laguna di Venezia - si è rifatto una vita nel suo Paese d'origine, l'India. Nel frattempo la zia della vittima, Moigan Ilanlou, nota regista e attivista per i diritti delle donne iraniane, è stata condannata a 9 anni e 9 mesi di reclusione (poi rilasciata su cauzione) per aver rivendicato il sacrosanto diritto alla libertà.
L'omicidio della studentessa
Mahtab Ahadsavoji, 29 anni, era venuta in Italia dall'Iran per studiare all'Accademia di Brera. Aveva preso un appartamento in affitto in via Pericle 5 a Milano con i due fidanzati indiani Gangandeep Kaur e Rajeshewar Singh, e altri stranieri. La sera del 27 gennaio 2014 fu strangolata con una catenina d'oro nella sua camera da letto. Il cadavere, chiuso in una valigia e gettato nella laguna di Venezia, venne trovato l'indomani dell'omicidio.
Le condanne di primo grado
Al termine del processo di primo grado, nel 2015, il gup di Milano Simone Luerti condannò Kaur a 17 anni per l'omicidio assolvendo invece Singh, ritenuto responsabile del "solo" occultamento di cadavere. Secondo il giudice, la donna aveva ucciso la coinquilina per gelosia, mentre il compagno non avrebbe avuto alcun movente. L'uomo non si sarebbe accorto di nulla perché stava dormendo. Gli accertamenti medico-legali appurarono che poteva aver agito "anche una persona sola" e in un arco di tempo ristretto, quanto bastò "per aggredire e vincere la prima e ultima, flebile, resistenza della vittima". "Ci siamo trovati di fronte a un giudice che non si è fermato di fronte alle apparenze – ricorda al quotidiano Il Giorno l’avvocato Manuel Sarno, all’epoca difensore di Singh – e ha approfondito la prova scientifica più tradizionale, cioè la medicina legale, accogliendo la nostra tesi".
Il colpo di scena in appello
In Appello, dopo aver reso un'ampia e dettagliata confessione, Kaur ottenne un consistente sconto di pena: da 17 a 10 anni. Mentre il fidanzato fu condannato a 8 mesi di reclusione, con la sospensione condizionale, per occultamento di cadavere. Entrambi gli imputati non fecero ricorso in Cassazione, motivo per il quale le sentenze divennero subito definitive.
Il fine pena
A dieci anni dal delitto, Gangandeep Kaur è tornata in libertà dopo aver trascorso dieci anni nel carcere milanese di Bollate. "Grazie anche alle attività lavorative svolte in carcere – spiega a Il Giorno il suo legale, l’avvocato Nunzia Milite – ora ha un impiego stabile e una vita autonoma. Ha deciso di rimanere in Italia e di lasciarsi alle spalle il passato, nel suo caso il carcere ha svolto un’attività positiva di reinserimento sociale". La vicenda giudiziaria è chiusa "ma nonostante questo restano dubbi su come siano andate realmente le cose quella notte".
La zia di Mahtab
Una storia tragica che s'incrocia con il destino di Moigan Ilanlou, la zia di Mahtab. Fu lei a riconoscere il cadavere della nipote e battersi per ottenere giustizia. Una giustizia che non le ha risparmiato grande amarezza e profonda sofferenza. Sentimenti che tutt'oggi accompagnano la nota attivista nella disperata battaglia contro il regime iraniano.
Oggi Ilanlou sta pagando a caro prezzo la rivendicazione dei diritti alle donne con il movimento Woman Life Freedom, nato a seguito della morte di Masha Amini, la studenssa uccisa nel 2022 per aver violato l'obbligo del velo.
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