Ascesa e caduta di un re capace di cavalcare pure la stagione antimafia

«Libero Grassi accusò Confindustria, di cui era associato, di indifferenza, perché fu lasciato solo. Oggi le associazioni sono profondamente cambiate e c'è un sistema che ha fatto squadra e che funziona. Tutto ciò mi fa sperare che le prossime generazioni possano vedere una Sicilia diversa».

Così parlava, lo scorso 21 maggio, Roberto Helg. Era il premio Libero Grassi, il riconoscimento per l'imprenditore che nel 1991 pagò con la vita il suo «no» al racket. E quelle parole di ieri hanno l'effetto di un pugno nello stomaco, oggi che - ascoltare su internet l'intercettazione della richiesta estorsiva in diretta per credere- Roberto Helg, da paladino dell'antiracket, si è trasformato in estortore in giacca e cravatta, che non mette l'attak nei lucchetti come fa la mafia, ma incassa in ufficio il pizzo, 100mila euro fuori busta che un imprenditore, come lui, deve pagargli per mantenere il suo lavoro, la pasticceria che ha in aeroporto. Mette i brividi, l'intercettazione. Mette i brividi tutta questa storia, di una Sicilia che cambia facciata ma non sostanza. Tutto cambi perché nulla cambi, diceva il principe di Salina nel Gattopardo . E infatti nulla, purtroppo per la Sicilia e per Palermo, cambia.

È stato sempre sulla breccia, Helg. Un imprenditore, ma soprattutto un uomo che in Confcommercio ha costruito passo dopo passo la sua ascesa. E il suo potere, non scalfito dal fallimento dell'imprenditore, nel 2012. Non ha mai fatto politica, Roberto Helg, non nel senso letterale del termine. Ma è stato un potente, capace via via di annusare l'aria, di schierarsi dalla parte vincente, ora quella dell'antimafia. La sua scalata parte 18 anni fa, quando Helg diventa presidente della Federazione provinciale del commercio, del turismo e dei servizi di Palermo. Il cursus honorum è rapido. A luglio del '97 diventa il braccio destro di Sergio Billè, all'epoca leader della Confcommercio siciliana. È un crescendo. Nel 1998 un'ombra, quella di alcuni pentiti che lo indicano tra i commercianti che pagavano regolarmente il pizzo, si addensa. Ma passa rapida. E Helg, mentre la sua attività commerciale - diversi negozi di articoli da regalo per la casa, uno nel salotto di Palermo, in via Ruggero Settimo - comincia a scricchiolare, avanza verso la gloria. E il nuovo secolo porta il boom. Dal 2006 presidente di Confcommercio Sicilia, al posto di Billè, un piede anche, sino al 2010, in Confcommercio nazionale. E poi l'aeroporto di Palermo, la Gesap, dove siede nel cda a partire dal 2001.

L'antimafia e la lotta al racket sono un buon volano. Ed Helg segue l'onda. Quando nasce Addiopizzo, l'associazione che invita i consumatori a boicottare chi si piega al racket, segue a ruota. «Fuori chi paga il pizzo», diventa la sua parola d'ordine. È del 2005 la locandina da esporre nei negozi per dire «no» al pizzo che Helg presenta trionfante con l'allora procuratore di Palermo Pietro Grasso.

È lui a ideare il codice etico contro la corruzione, lui ad applicare la linea dura contro i commercianti che pagano e non collaborano con le forze dell'ordine: sospensione da Confcommercio e espulsione in caso di condanna. Linea dura, durissima. Quella che adesso, a lui beccato a chiedere il pizzo, hanno applicato i colleghi.

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