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Aspettiamo le scuse di chi ci infangava

Lo scoop del Giornale sulla casa di Montecarlo. Adesso chi ci ha infangato si scusi

Aspettiamo le scuse di chi ci infangava

Caro direttore, caro Alessandro,

ricordi quella telefonata di otto anni fa?

«Pronto? Gian Marco, so che ti è appena nato un figlio ma ora fai la valigie e vola a Montecarlo. C'è una storia pazzesca, è troppo incredibile per essere vera. C'è arrivata una segnalazione, pare che Fini si sia fregato una casa del partito...».

Otto anni son passati da quell'ordine perentorio, dagli scoop nel Principato fino ai viaggi ai Caraibi, dalla cucina Scavolini alle off shore di Corallo, dalle bugie del presidente della Camera agli attacchi bastardi di giornalisti quaquaraquà dai quali ancora attendo le scuse per l'infamia della «macchina del fango». Otto anni son passati e la procura di Roma ha finalmente messo il sigillo con la ceralacca a quella nostra inchiesta giornalistica provando che tutto quel che avevamo riportato, in tandem col bravissimo Massimo Malpica, era vero: ha infatti chiesto il rinvio a giudizio per Gianfranco Fini, per la sua compagna Elisabetta, per il cognato in Ferrari e per il suocero.

Sarà ora la giustizia a fare il suo corso, a stabilire eventuali responsabilità penali. I fatti, però, parlano chiaro e non c'è Cassazione che possa smentirli. L'inchiesta sulla casa di Montecarlo era granitica allora, e lo è ancor più oggi con ciò che le indagini della Finanza hanno riscontrato. Sorvoliamo sulla fuga a Dubai del famoso cognato, sulle ammissioni a verbale di Fini, sui milioni distribuiti in famiglia dal re delle slot machine.

Caro direttore, non gioisco mai delle disgrazie altrui. Sono garantista sempre, lo sono dunque anche con chi ci ha vomitato addosso l'odio, la bile, il disprezzo dall'alto della sua carica istituzionale utilizzata per nascondere gli intrallazzi monegaschi e andar contro Silvio Berlusconi con gli applausi della stampa un tempo sua nemica. E allora auguri a Fini e al parentado acquisito che rischia seriamente di andare a processo. Auguri anche ai pennivendoli che ci hanno sparato addosso e ora fanno finta di nulla. Auguri, insomma, a rosiconi e depistatori in malafede.

Come ho scritto anche l'altro giorno sul Tempo, giornale che oggi dirigo, ringrazio il Signore per non avermi fatto come loro.

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