Cronache

"Le associazioni gay sanno tutto"

"La morte di Luca Varani causata dal traffico di droga conosciuto e tollerato dalle associazioni omosessuali". GUARDA IL VIDEO

"Le associazioni gay sanno tutto"

Droga, festini, party e sesso. Sono questi i denominatori comuni delle serate gay romane? Spesso sì. Anche se non sempre. Dopo l’omicidio di Luca Varani qualcosa di questa realtà nascosta è venuta a galla. Un'evidenza che divide anche gli omosessuali.

Che la luce si sia accesa sui festini chemsex (sesso e droga), irrigidisce buona parte degli stessi appartenenti alla comunità. La droga e i party "oltre i limiti" sembrano essere ben conosciuti nell'ambiente. A confermarlo sono gli stessi omosessuali che si (auto)definiscono "normali". Ovvero quelli che "non fanno queste schifezze e non spacciano cocaina". (Guarda il video)

La domanda che sorge spontanea, allora, è come sia possibile che sostanze stupefacenti circolino liberamente nei locali e nelle serate organizzate da importanti e autorevoli associazioni gay. “Il giro di droga in certi locali è vicinissimo a parte del movimento Lgbt” - dice Franco, nome di fantasia di un omosessuale che chiede l'anonimato e si fa chiamare "il corvo gay". Marco Prato, infatti, uno dei killer di Luca Varani, era personaggio di spicco della movida romana. Conosciuto praticamente da tutti.

Quanti sapevano della sua "doppia vita"? Una alla luce del sole, fatta di party ed eventi e l'altra più oscura incentrata su sballo e droga? “Andavamo tutti alle sue feste e ai suoi apertivi A(h)Però”, dice un gruppo di giovani di fronte ad un bar della gay street a due passi dal Colosseo. “Sentivo ogni tanto Marco - continua un altro ragazzo, che chiameremo Luca - Gli chiedevo i tavoli per gli eventi, era uno accreditato”. Una vicenda che sconvolge e spaventa. C’è chi addirittura chi ha paura di parlare, teme ritorsioni: “Si rischia di subire qualche torto. Non mi stupirebbe di trovare le ruote dell’auto tagliate”.

La spaccatura tra una parte dei gay e l’associazionismo romano è evidente. Sotto accusa finiscono l'Adnnos, l'Arci e il circolo Mario Mieli. Qualcuno disegna una demarcazione netta tra chi vuol vivere una "vita normale e non cerca rogne" e "le finocchie della borgata". ovvero i disinibiti, i "gay repressi", i "malati di sesso" e quelli troppo attratti dalle droghe.

"Ma la cosa più indecente - aggiunge Franco - è che stanno cercando di mettere tutti a tacere. A Roma se vuoi stare aperto o hai protezione politica o chiudi”. Prima di continuare, precisa: “Quando parlo di politica mi riferisco al movimento Lgbt in sé. Con il giro di droga fanno più soldi e più clienti”. La notizia ci viene confermata da una ex drag-queen del Muccassina: "Tempo fa sono stata fatta fuori dal giro perché non spacciavo da sotto la gonna come volevano loro".

"Il movimento Lgbt protegge queste situazioni - attacca Franco - un po' per convenienza e un po' per omertà. Con il giro di droga fanno più soldi e più clienti”. Ma tutta questa impunità da dove proviene? “Dal ricatto dell’omofobia: se domani dieci pattuglie si presentassero al Muccassasina per una perquisizione, come avviene in altri Paesi europei, le redazioni dei quotidiani sarebbero piene di comunicati di protesta”.

Eppure in questa situazione, l’omofobia sembra entrarci davvero poco.

Le associazioni gay hanno coperto i traffici di stupefacenti nei loro locali? Dopo quanto successo, hanno preso posizione forte contro certe degenerazioni? Quello che è certo, al momento, è che la cocaina continua a invadere le sale da ballo.

Commenti