Non succederà. Ma se succede, che cosa facciamo? Dopo l’annuncio dell’Agenzia del farmaco italiana sulla sospensione immediata del vaccino anti Covid di Astrazeneca, le prime domande cominciano ad emergere. Se il farmaco venisse bloccato del tutto, se ogni benedetto lotto venisse distrutto causa reazioni avverse, che fine farà la campagna vaccinale? I dubbi non riguardano tanto, o non solo, come potremmo mantenere l’ambizioso obiettivo di vaccinare l’80% della popolazione entro settembre. Ma soprattutto ci si chiede cosa accadrà a chi ha già ricevuto una prima dose del siero di Oxford. Farà comunque il secondo giro necessario all’immunizzazione?
La decisione odierna dell'Aifa, arrivata dopo un giro di telefonate tra ministri Ue e un colloquio Speranza-Draghi, è precauzionale e temporanea “in linea con quanto deciso da altri Paesi europei”. Oltre a Roma anche Germania, Francia, Danimarca, Norvegia, Bulgaria, Islanda, Irlanda, Paesi Bassi e Indonesia hanno bloccato le iniezioni. Più caute invece Austria, Estonia, Lettonia, Lituania e Lussemburgo, che hanno ritirato solo alcune dosi oggetto di indagine. Per ora non si conoscono le tempistiche per un eventuale reinserimento nel mercato. L’Italia, così come gli altri Stati, attende infatti il responso dell’Ema: l'Agenzia europea domani rivedrà ulteriormente le informazioni raccolte, mentre per giovedì ha indetto “una riunione straordinaria per trarre conclusioni” e indicare “eventuali ulteriori azioni da adottare”. Roberto Speranza si dice fiducioso che presto si possa “chiarire definitivamente la questione”. Ma intanto lo stop assesta un duro colpo all’intera campagna: le Regioni, una dietro l'altra, hanno già fermato le somministrazioni paralizzando di fatto i centri vaccinali.
Al centro dell'attenzione ci sono i “gravi eventi avversi” occorsi nei giorni scorsi ad alcune persone vaccinate con Astrazeneca. Prima il militare morto a poche ore dall'iniezione, poi altri decessi simili in alcuni casi dovuti alla formazione di coaguli nel sangue. Le procure italiane avevano già aperto numerosi fascicoli costringendo l’Aifa a ritirare tutte le dosi del lotto ABV2856 incriminato. E benché gli esperti ripetano che, ad oggi, non vi sono prove del nesso causale tra il farmaco e le morti, l'agenzia italiana “in coordinamento con Ema e gli altri Paesi europei” sta valutando “congiuntamente tutti gli eventi che sono stati segnalati a seguito della vaccinazione”. Dal canto suo, Astrazeneca è convinta della bontà del proprio prodotto: “Su un totale di 17 milioni di soggetti vaccinati tra Regno Unito e Europa - ha fatto trapelare ieri in una nota - ci sono stati 15 eventi di trombosi venosa profonda e 22 eventi di embolia polmonare segnalati”. Per l'azienda “il dato è molto più basso di quanto ci si aspetterebbe che si verifichi naturalmente in una popolazione generale di queste dimensioni" e non è così lontana da altri sieri Covid-19 autorizzati. “Che io sappia non sono state ancora dimostrate relazioni dirette tra Astrazeneca e questi gravi eventi", spiega Piero Sestili, professore ordinario di Farmacologia a Urbino. “Quella di Aifa è una sospensione cautelativa che riflette un atteggiamento di grande garanzia verso i cittadini e che non toglie nulla al valore della campagna di vaccinazione”. Certo resta il rischio che alcuni cittadini, spaventati, possano boicottare Astrazeneca. Ma per Sestili è necessario superare ogni scetticismo: “Lo stop odierno significa che i controlli delle agenzie sono veloci e precisi. Bisogna sentirsi più tutelati che preoccupati”.
Intanto, in attesa che l’Ema si pronunci ufficialmente, gli scenari possibili sono due. Se l'Agenzia Ue dovesse confermare l'opinione che “i benefici superano i rischi”, allora la campagna riprenderebbe (più o meno) a pieno ritmo. Qualora invece il responso dovesse essere negativo, allora il sentiero si farebbe più difficoltoso. Non solo per la strategia vaccinale, che in Italia si basa soprattutto su Astrazeneca. Ma anche per quelle 1.108.469 persone che la prima dosa l’hanno già ricevuta e, come da protocollo, aspettano il secondo giro previsto dopo 12 settimane. Cosa dovranno fare? “È una domanda da un milione di dollari”, dice Sestili. L'Aifa fa sapere che “renderà “note tempestivamente” informazioni sulle “modalità di completamento del ciclo vaccinale per coloro che hanno già ricevuto la prima dose”. Di certezze però non ce ne sono, né studi specifici su queste casistiche. E per ora si possono solo formulare delle ipotesi.
“La più improbabile è che l’Aifa autorizzi comunque il richiamo nel caso, probabilmente remoto, che il vaccino venga ritirato”, spiega Sestili. L'alternativa sarebbe lasciare i vaccinati con una sola iniezione, ma significherebbe privarli della copertura totale. “La prima dose già promuove un’immunità significativa ma non pienamente sufficiente - aggiunge - che poi viene perfezionata dal richiamo. Non ci si può considerare protetti al 100% delle potenzialità del vaccino con una sola iniezione, anche se costituisce una prima robusta parete". Altrimenti si potrebbe pensare di realizzare una sorta di "mosaico vaccinale", cioè fare il richiamo con un altro siero già a disposizione, tipo Pfizer o Moderna. “Che io sappia non ci sono studi su questa ipotesi - dice il farmacologo - E forse si tratta di una condizione non preventivata. In ogni caso sarebbero necessari studi ad hoc ed ogni decisione sarebbe sempre nelle mani dell’Ema”. Infine, resta l'eventualità di ripartire da zero, fornendo a chi ha già ricevuto Astrazeneca sia la prima che la seconda dose di un altro vaccino.
In ogni caso, ed è l'unica certezza, si avrebbero effetti negativi sulle tempistiche per raggiungere l'agognata “immunità di gregge”. “Io però - conclude Sestili - sono fiducioso: penso che Astrazeneca supererà anche questa ulteriore impasse”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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