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Avetrana, sette anni di processi per una tragedia familiare

Sarah Scazzi scompare il 26 agosto 2010. Oltre un mese di ricerche e poi lo zio, Michele Misseri, confessa l'omicidio e fa ritrovare il corpo. Una famiglia da horror, tra accuse reciproche, gelosie e complicità inconfessabili

Avetrana, sette anni di processi per una tragedia familiare

Sabrina Misseri era accusata, assieme alla madre, Cosima Serrano, di omicidio volontario premeditato aggravato, sequestro di persona e soppressione di cadavere: secondo l’accusa, "una la teneva, l’altra la strangolava". In carcere dal 15 ottobre del 2010, più volte i suoi legali avevano chiesto che potesse essere trasferita in un convento, ma tale istanza è sempre stata rigettata. Anche sua madre è detenuta (nello stesso penitenziario di Taranto) dal maggio 2011.

Una ragazza giovanissima, "acqua e sapone", senza nemici e senza macchia. Una famiglia da horror, tra accuse reciproche, gelosie, complicità inconfessabili. Poi c'è anche lo stereotipo del "buon contadino" incarnato da "zio Michele". E poi una cugina meno bella, forse un amore in comune, una zia silenziosa e dominatrice. Sono gli ingredienti della tragedia familiare che ha portato alla morte di Sarah Scazzi, uccisa nell’agosto 2010 ad appena 15 anni ad Avetrana (Taranto). Una vicenda per la quale dopo sette anni è arrivata la parola fine.

Si tratta di uno dei delitti che più hanno scosso l’opinione pubblica negli ultimi anni: una storia familiare difficile, una vicenda giudiziaria non priva di colpi di scena. Sarah Scazzi, figlia della sorella di Cosima Serrano, scomparve il 26 agosto 2010: per lei quella della zia, sposata con Michele Misseri e madre della sue cugine Sabrina e Valentina, era una seconda famiglia, con la quale trascorreva gran parte del tempo. Il giorno della scomparsa, Sarah aveva un appuntamento per andare al mare con un’amica, ma non si presentò. Oltre un mese di ricerche, poi, fu lo zio Michele a confessare quanto accaduto: il 6 ottobre raccontò di essere stato lui ad uccidere l’adolescente, e a nasconderne il cadavere in un pozzo.

Una versione dei fatti che cambiò già pochi giorni dopo, con il primo colpo di scena: l’uomo chiamò in causa stavolta la figlia Sabrina. Michele Misseri, nel corso del processo, più di una volta si è autoaccusato, ma secondo gli inquirenti il suo è stato sempre solo un tentativo di proteggere moglie e figlia da una pesante condanna. Una condanna al carcere a vita. Le due donne si sono sempre proclamate innocenti, usando i mass media per dare la loro versione dei fatti. Per nascondere, hanno sostenuto i giudici di primo e secondo grado, una verità agghiacciante: lo stretto rapporto tra Sarah e Sabrina, cugine inseparabili, si era fatto via via più conflittuale.

La più piccola, Sarah, era più carina, e Sabrina vedeva in lei una pericolosa rivale per possibili fidanzamenti. La gelosia, un litigio, e l’atroce complicità di mamma Cosima, che la tiene mentre Sabrina impazzita di rabbia la strangola. È poi zio Michele a caricare il corpo e gettarlo nella cisterna.

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