"Il bar chiude, non c'è personale". Gli ex dipendenti: "La verità sul salario"

Il bar non riusciva a ingaggiare personale pur proponendo l'assunzione con Ccnl. Gli ex dipendenti raccontano che lo stipendio non era netto: "L'orario di lavoro non era rispettato". Ma i proprietari replicano

"Il bar chiude, non c'è personale". Gli ex dipendenti: "La verità sul salario"

"Chiuso per mancanza di personale, ma se sei barista e vuoi lavorare chiama, così potremo riaprire". Recitava così il cartello esposto all'esterno del Caffè Terzi in piazza Aldrovandi, nel centro storico di Bologna. Il bar è stato costretto a chiudere i battenti perché i titolari non avrebbero trovato persone disponibili a lavorare su turni - 40 ore a settimana, in totale - pur offrendo uno stipendio ragionevole: 1.300 euro mensili. Ma a detta degli ex dipendenti quella cifra comprendebbe tredicesima, quattordicesima e Tfr (trattamento di fine rapporto ndr). "Sono lordi e spesso non veniva rispettato l'orario di lavoro", hanno raccontato Luca e Maurizio (due nomi di fantasia) a ilfattoquotidiano.it.

La polemica

Tutto parte da un articolo apparso sulle pagine dell'edizione bolognese di Repubblica domenica scorsa: "Non trovo un barista per 1.300 euro netti per 6 ore al giorno" (il titolo). Il virgolettato avrebbe ripreso alcune dichiarazioni rilasciate da una dei gestori del Caffè Terzi al giornale. Sentita dall'Ansa, Elena Terzi (uno dei due proprietari) aveva precisato: "Personale non se ne trova, non rispondono nemmeno all'annuncio – spiega Terzi -. Da quando è apparso il cartello, circa una settimana fa, abbiamo avuto solo una richiesta di appuntamento, da parte di una persona che poi non si è presentata. Abbiamo avuto qualche telefonata, ma di baristi esperti non se ne parla. Qualcuno che cerca lavoro ci ha contattato, ma spesso sono persone che hanno fatto il barista, ma per due mesi e tanto tempo fa". La stessa aveva poi ulteriormente dettagliato l'offerta: "Noi offriamo un'assunzione regolare come barista di quinto livello, con contratto collettivo nazionale del lavoro". E fin qui, tutto chiaro. Se non fosse che la versione fornita dagli ex dipendenti del bar è ben diversa da quella dei gestori.

La reazione degli ex dipendenti

"Non è tutto oro quello che luccica", racconta Luca, un ex lavoratore del Caffè di piazza Aldovrandi. La cifra offerta dai titolari è sì quella dichiarata, ma le condizioni contrattuali sarebbero diverse. I gestori del bar offrono effettivamente un V livello del contratto del Turismo, che però prevede per un full time da 40 ore settimanali uno stipendio lordo mensile da 1.412,51 euro per 14 mensilità più il trattamento di fine rapporto. Per farla breve, sono circa 1.150 euro netti al mese. "Nei 1.300 euro mensili sono incluse la 13esima, la 14esima e anche il Tfr per i primi sei mesi e Terzi successivamente obbliga a mettere il Tfr in un fondo pensione perché non vuole che venga lasciato in azienda. - spiega Luca - Per percepire mensilmente 13esima e 14esima, l’azienda obbliga il dipendente a firmare un foglio dove è in sostanza il lavoratore a dichiarare di volerle di riceverle in busta". Perché questa modalita? "Perché includendo gli istituti aggiuntivi nella retribuzione mensile - spiega Il Fatto - dunque diminuendo le mensilità annuali da 14 (come dal Ccnl del Turismo) a 12, il netto mensile si alza". Ma non è tutto.

Gli orari di lavoro

Ci sarebbero anche delle piccole criticità per gli orari di lavoro. Maurizio, che in passato ha lavorato per il Caffè Terzi, racconta: "Ho fatto un breve colloquio al termine del quale mi è stato prospettato un contratto di apprendistato di formazione da tre anni con il V livello di inquadramento del Ccnl del Turismo e relativo stipendio tabellare". Poi precisa: "Il chiosco era aperto sette giorni su sette e veniva gestito con gli stessi dipendenti che prestavano servizio sia in via Oberdan che in piazza Aldrovandi, un solo lavoratore per turno - prosegue -. Da contratto sarebbero 40 ore settimanali spalmate in 6 giorni lavorativi con uno di riposo. Spesso però l’orario stipulato non veniva rispettato e, anzi, veniva esplicitamente richiesto già in fase di colloquio di essere disponibili per un orario di lavoro su più turni, il classico spezzato".

La replica dei titolari

La redazione del Fatto si è premurata di contattare i gestori del bar per andare a fondo della faccenda. "E’ vero, noi chiediamo ai nostri collaboratori, prima di assumerli, di poter pagare loro 13esima e 14esima spalmate sui 12 mesi per nostra strategia aziendale, per stare tranquilli e 'in pari' con tutti, e per farlo il consulente del lavoro sostiene che dobbiamo avere l’autorizzazione dei lavoratori. Stesso discorso vale per il Tfr", è la replica di Manuel Terzi, il titolare del Caffè Circa la questione degli orari di lavoro precisa: "Non mi pare che venga richiesta disponibilità a farli, ma posso sbagliare. Potremmo averlo forse chiesto a qualcuno ma non ricordo. Però fino a ora non c’è stata necessità. E’ un lavoro su turni, sì, per forza: dobbiamo gestire due locali e solamente un ragazzo per turno lavora al chiosco. E sì, chiediamo disponibilità e flessibilità, ci servono per gestire il lavoro e i turni in modo che lo staff non sia sovra/sotto dimensionato rispetto il lavoro". Sulla possibilità di aumentare l'offerta retributiva, la risposta è inequivocabile: "Non trovo una strada ponderata assumere uno sconosciuto subito a quarto livello.

- conclude Manuel Terzi - Come non assumiamo mai, e mai abbiamo assunto, al sesto livello perché ci parrebbe un po’ troppo 'sminuente', altrettanto ci parrebbe un po’ avventato assumere subito quarto livello, ma comunque fanno presto ad arrivare al gradino superiore lavorando con noi".

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