È passato più di un mese dalle elezioni e si torna al punto di partenza, a quella notte del 4 marzo in cui fu subito chiaro che la formazione di un nuovo governo sarebbe stata cosa assai difficile, soprattutto in assenza di buon senso. Solo che adesso la ricreazione post elettorale è finita. Basta fare casino e spararle grosse nei talk show, si torna in classe dove un maestro severo e intransigente il presidente Mattarella già al primo giro di interrogazioni ha smascherato furbi e imbroglioni, a partire dal presunto alunno modello Luigi Di Maio, che aveva fatto credere di essere preparato per poter andare a Palazzo Chigi. Razza di asini faccio una sintesi non autorizzata , come vi permettete di venire qui senza aver studiato, tornate a casa e fate i compiti perché altrimenti vi boccio tutti (leggi si torna a votare).
Di Maio ha parlato di un'intesa con chiunque (tranne il solito Berlusconi) sui programmi, ma credetemi i programmi sono l'ultimo dei suoi pensieri. Quando in questi giorni sentirete parlare di «programmi» traducete con «poltrone» e non sbaglierete. Il problema non è il reddito di cittadinanza, non sono le tasse, ma, anche per i Cinquestelle, è chi farà il premier, chi il vice, chi prenderà i tre ministeri che contano, chi metterà le mani sulle ricche società pubbliche con vertici in scadenza e via dicendo.
Non è mio compito dare indicazioni e non voglio aggiungermi alla pletora di esperti che dispensano consigli a ogni ora ai vari leader. Ma, per quello che capisco, se Salvini, o Berlusconi, per motivi a noi sconosciuti, parteciperà al varo di un governo a guida Di Maio, i suoi elettori lo andranno, giustamente, a prendere con i forconi sotto casa. I voti del centrodestra non puzzano, non valgono meno degli altri, non sono in vendita. Basta con la retorica che il disoccupato del Sud vale più dell'imprenditore o del commerciante del Nord. Un voto conta come un altro, ma i secondi hanno vinto le elezioni e hanno pieno diritto a governare. A questo giro di consultazioni quirinalizie, Berlusconi e Salvini hanno tenuto il punto e questo fa ben sperare.
Non per sfiducia, ma fino a che non vedrò Di Maio bruciarsi i polpastrelli con il cerino che gli è rimasto in mano sospendo il giudizio. Fosse solo perché negli ultimi anni ne abbiamo viste di ogni e oggi ne paghiamo il prezzo.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.