Cronache

Quel business pericoloso tra cooperative e rom

A Milano diverse famiglie rumene vivono nel degrado più totale e vengono sfruttate dalle cooperative italiane. Così, coop e rom sguazzano tra mercato nero e criminalità organizzata

Quel business pericoloso tra cooperative e rom

Esistono zone a Milano dove gli accampamenti rom abusivi spuntano come funghi e le minacce ai cittadini sono all'ordine del giorno. Sono i casi in cui la politica dello sgombero non funziona più e le aree private diventano un riparo sicuro, perché per sgomberarle ci vogliono autorizzazioni che hanno tempi biblici. Carovane lungo la strada, nomadi che si sistemano in aree private abbandonate come quella di via Marcinelle, zona Ortica, di proprietà della BMP.
Apriamo il cancello ed entriamo: il degrado ci accoglie tra sporcizia, pentole, passeggini, indumenti sporchi e feci. All'interno di questi spazi troviamo parecchie tendine costruite con mezzi di fortuna, non c'è nessuno apparentemente, ma scopriremo che qui vivono circa quaranta persone. Ci saluta un ragazzo di 32 anni, rumeno, ne approfittiamo per scambiare quattro chiacchiere con lui. Ci accoglie a torso nudo, poi si veste. È in Italia da due settimane, dice di passare la giornata lavorando per una cooperativa a San Siro per cui monta palchi per gli spettacoli. Arriva a guadagnare anche 500, 1.000 euro al mese. In nero naturalmente. (I rumeni abusivi che lavorano per le Coop, guarda il video)

Attorno a lui ci sono giocattoli per bambini, materassi, biciclette, eppure dice di non avere figli. Tutti in Romania, e lui a breve partirà. Questo è il periodo dei rientri e delle vacanze, poi a settembre tutti ritornano e riprendono lo stesso ritmo e lo stesso stile di vita. In lontananza vediamo quattro persone pronte a entrare nell'area con borse della spesa, ma insospettite dalla nostra presenza, tirano dritto. Abitano anche loro in mezzo a questo squallore, dove la presenza di bambini è purtroppo evidente.
Alcuni cittadini hanno ricevuto minacce di morte, eppure a distanza di tempo, nonostante continue denunce, da qui non schiodano. Occhio non vede, cuore non duole. Due di loro si presentano addirittura con il cartellino di Expo al collo...e con spavalderia ci dicono fieri "Noi a Expo ci lavoriamo". (Ecco le foto del degrado, guarda qui)

Proseguiamo in via Rubattino, sotto la tangenziale. Parcheggio enorme, guardia giurata in bella vista per controllare le macchine e poco più in là, c'è un altro accampamento: si entra attraverso un buco che i nomadi hanno creato buttando giù il muro di mattoni: "Questa è la nostra porta", ci dicono. Il traffico delle macchine sfreccia sopra la tangenziale, davanti ai nostri occhi un vero e proprio accampamento di circa dieci capannine per un totale di venticinque persone. Incontriamo Alessandra, giovane rumena di 25 anni, taglia corto e ci fa parlare col marito, dice di non parlare bene l'italiano. Sono accampati da circa due mesi, dopo diversi sgomberi. Anche lui è rumeno e lavora un po' in Duomo e un po' a San Siro, anche lui per una cooperativa ( la stessa che ha ingaggiato il ragazzo rom di via Marcinelle di cui ci fa anche il nome) monta palchi e impalcature per gli spettacoli, per una paga di 4/5 euro all'ora, arrivando a lavorare anche 15 ore al giorno. Tutto in nero. Ma non basta, perché dice: " mi sono fatto male sul lavoro e non hanno voluto portarmi in ospedale per paura di essere denunciati e quindi mi hanno curato sul momento". La cooperativa per cui lavora lo ha "ufficialmente" avviato al lavoro con una fotocopia del codice fiscale e una copia della carta d'identità. In questo modo i rumeni lavorano in nero. (Così le cooperativa ingaggiano i rom, guarda il video)

Un sistema, quello delle coop, che alimenta la criminalità organizzata e il lavoro nero. Dall'altra parte, questa gente vive mandando le mogli e i figli a chiedere l'elemosina lungo le strade, ed e' facile intuire che per sbarcare il lunario e sfamare tutti, devono mettere in campo altri tipi di attività. Giovanni, il "capo" come lo chiamano tutti, è l'anziano del gruppo. Si lamenta dell'organizzazione degli sgomberi, perché dice: "quando ci sgomberano devono pensare a un posto, perché noi dobbiamo spostare i bagagli, ci serve un autobus, ogni volta è una fatica. Siccome noi siamo tranquilli e non facciamo casino perché ci vengono a sgomberare? ". Nelle loro pretese non si smentiscono mai. Gli spieghiamo che il nostro e' solo un sopralluogo, ma non e' convinto. Ma se da una parte fa la vittima, dall'altra ci spiega di avere una macchina parcheggiata fuori, targata Romania. L'atteggiamento, comunque, rimane sempre quello del "tutto è dovuto". E per igienizzarsi continua "andiamo in piazza Tricolore e lì laviamo anche i vestiti". Da una parte gli italiani sfruttano i rumeni, dall'atra loro si prendono gioco di noi come e quando vogliono.

Un business in crescita dai risvolti molto pericolosi.

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