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C'è una Corea anche per la Germania Tedeschi a casa, gli italiani godono

C' è un Dio über alles anche nel calcio, detto fussball dai tedeschi di Germania. È la ritirata di Russia, la vergogna dei campioni del mondo, presuntuosi e strafottenti

C'è una Corea anche per la Germania Tedeschi a casa, gli italiani godono

C'è un Dio über alles anche nel calcio, detto fussball dai tedeschi di Germania. È la ritirata di Russia, la vergogna dei campioni del mondo, presuntuosi e strafottenti. La loro fortuna, manifestatasi all'ultimo gol contro la Svezia, con l'epilogo arrogante contro gli avversari battuti, ha avuto finalmente un limite, stavolta si chiama Corea, squadra, del Nord e del Sud, che noi italiani conosciamo bene per due eliminazioni nel torneo del Sessantasei e in quello del Duemila e due. Allora furono pomodori e pernacchie per gli azzurri, non credo che i tedeschi verranno accolti da lanci di patate e crauti ma certo alcuni di loro meriterebbero l'insulto. Bastian Schweinsteiger, tra questi, ex campione del mondo, aveva pronosticato, con raffinata ironia, le due sicure protagoniste del torneo: Italia e Olanda, ovviamente non qualificate. Da ieri sera dovrà nascondersi, insieme con alcuni dei suoi kameraden, in qualche stube, per evitare schiaffi e sberleffi.

Fine della propaganda che ci ha ammorbato da sempre, «system, kultur, schule», organizzazione, cultura, scuola, repertorio da minculpop, per spiegare la leggenda, però finita tra le macerie di questa partita, della disfatta mondiale. Vedere i tedeschi piangere fa effettivamente notizia ma non certo compassione. Si stanno rendendo conto che cosa significhi l'umiliazione davanti a un platea di due miliardi di televedenti, l'errore parrocchiale del portiere Neuer, nell'ultima giocata, è stata la risata finale di una commedia tragica e ridicola assieme. Joachim Loew, l'allenatore che sembra un batterista da anni Sessanta, si pulirà il naso e altre parti del corpo, com'è uso fare, cercando una ragione, un motivo a questa eliminazione che è davvero storica, perché mai era accaduto alla Germania di uscire al primo turno, mai le era capitato di finire ultima in un gruppetto non certo composto da mostri, un gironcino nel quale addirittura la Svezia, che aveva fatto fuori l'Italia, ha concluso in testa, come ad aumentare la beffa dei tedeschi che ci avevano deriso, dopo la nostra mancata qualificazione.

Fine della loro superiorità, spesso non soltanto calcistica ma economica, politica, sociale, sul resto d'Europa e del mondo. La Germania torna tra i terrestri, come era accaduto al Brasile «maracanizzato» quattro anni fa dagli stessi tedeschi in finale. Il calcio non concede privilegi se non episodici, è uno sport malvagio nel quale al più debole è permesso di sognare, di realizzare il sogno che diventa un incubo per chi pensa di vivere di rendita. Era accaduto all'Italia, all'Inghilterra, alla Francia, al Brasile, all'Argentina, è toccato, infine, alla Germania, la sua grande illusione non è più il film di Renoir, è la cronaca attuale, sono le lacrime del turcoalemanno Ozil, la rabbia acida di Muller, lo sguardo perso di Gomez, tutti trasformati in sturmtruppen, personaggi da fumetti, fumati dai piccoli e rapidi coreani, eroi grandiosi anche se inutili di un'impresa epica che nulla aggiunge al loro mondiale ma moltissimo alla storia del mondiale medesimo.

Facile giocare con i titoli, da caput mundi a kaputt, la Germania è questa oggi, nuda, smascherata, anzi ridicolizzata da avversari modesti, messa al muro dalla propria presunzione. Si scrive e si parla, in queste ore, di assenza di squadra, di mancanza di collettivo e di spirito di reazione. Esattamente il contrario di quanto è stato scritto e detto, tre giorni fa, quando la stessa Germania aveva reagito allo svantaggio e quindi vinto la sfida con la Svezia. È il giochino di chi deve salvare la faccia ma non la coerenza. La Germania era poca cosa e poca cosa è rimasta, non per mancanza di spirito collettivo o vuoto tattico. Sono venuti meno alcuni fattori, scegliete voi la prima consonante e il resto del sostantivo, quelli che contraddistinguono questo sport, l'imprevedibilità del risultato, l'infortunio, l'arbitro, il vento, la Russia.

Tutte raccolte in una volta sola, in un pomeriggio storico, ieri, ventisette giugno del duemila e diciotto, una data da ricordare e da celebrare ogni anno con un ringraziamento. Perché Dio è über alles, anche nel calcio. E stavolta Odino era distratto.

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