Cronache

Caso Resinovich, sequestrati i telefoni di Lilly

Gli inquirenti si stanno concentrando ora sugli smartphone di Liliana Resinovich per risolvere il giallo della sua morte

Caso Resinovich, sequestrati i telefoni di Lilly

I telefono di Liliana Resinovich saranno utili a comprendere qualcosa in più sulla sua morte? All’indomani dei risultati della perizia sulla suola delle scarpe della donna scomparsa da Trieste il 14 dicembre 2021, il cui corpo è stato ritrovato il 5 gennaio successivo, gli inquirenti si concentrano sugli smartphone della donna.

Sulla quale si indaga al momento, per non lasciare nulla di intentato, sia per suicidio sia per sequestro di persona. Qualora l’indagine propenda per questa seconda ipotesi, si potrebbe aprire un nuovo capitolo di inchiesta per presunto omicidio.

I telefoni

Come è stato più volte rimarcato in questi giorni, Lilly possedeva due telefoni, un Samsung e un iPhone, uno dei quali appartenuta alla compianta figlia del marito Sebastiano Visintin. Nella giornata di ieri, in procura è stato conferito l’incarico per l’analisi degli smartphone, che contengono telefonate, messaggi, chat, eventuali ricerche o documenti che si è tentato di cancellare. Anche l’associazione Penelope ha nominato un perito di parte in tal senso.

I telefoni di Liliana sono stati acquisiti dagli inquirenti il 23 dicembre, nonostante, come ha spiegato la vicina Gabriella Micheli a “Chi l’ha visto?”, Sebastiano li avesse con sé al momento della denuncia di scomparsa: le forze dell’ordine, secondo il racconto della donna, non hanno chiesto al marito di consegnarglieli in quel momento.

Sebastiano, rientrando il 14 dicembre, aveva trovato i due smartphone in casa, per cui si aprono due ipotesi: o Lilly li lasciò in casa quel 14 dicembre, nonostante su uno di essi avesse anche il green pass, oppure qualcuno, che sarebbe stato anche in possesso delle chiavi della donna mai più ritrovate, li riportò in casa.

Lo sfogo dell’amica

A “Chi l’ha visto?” è intervenuta Gabriella, il cui marito Salvatore si è detto “amareggiato” per il confronto del Dna richiesto dagli inquirenti - che in effetti hanno testato diversi uomini vicini a Lilly in molti modi, perché le tracce in loro possesso sono maschili. Gabriella si è sfogata piangendo: “Diciamo che l’ho presa molto male. Non riesco a capire come a una semplice pensionata, come me, che fa ogni giorno la sua vita tranquilla, possa essere successa una cosa del genere. Potrebbe succedere a me, un’altra persona qualsiasi”.

Gabriella e Salvatore, che al momento sembra non abbiano più rapporti con Sebastiano, hanno raccontato una circostanza insolita. Il 30 dicembre, di sera, hanno ricevuto una chiamata di Sebastiano che chiedeva loro una corda per aiutare il figlio che si era impantanato con l’automobile. A loro dire la stessa chiamata l’ha ricevuta da Sebastiano un amico in Carnia, luogo ben lontano da Trieste.

Il terriccio

Nella giornata di ieri è stato reso noto che i residui vegetali trovati sotto le suole di Lilly sono compatibili con il terriccio dell’area nei pressi dell’ex ospedale psichiatrico in cui è stato ritrovato il suo corpo.

Nel suo comunicato il procuratore capo di Trieste Antonio De Nicolo però usa il condizionale, perché “elementi di incertezza sono legati al cattivo stato di conservazione di alcuni frammenti vegetali, che tolti dalla scarpa sono stati messi in una provetta umida, e non hanno mantenuto la forma originale”. Ci vorranno quindi ulteriori esami sul Dna vegetale: solo allora la procura formulerà le sue conclusioni.

A “Chi l’ha visto?” il presidente dell’associazione Penelope Nicodemo Gentile ha commentato: “Non è dimostrazione diretta del fatto, compatibilmente al linguaggio delle indagini. La scienza si deve incrociare col fatto e tornare al mondo delle relazioni”.

Inoltre ha aggiunto che in effetti le tracce botaniche non siano databili.

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