
Ieri, nel giorno più freddo dell'estate più calda di tutti i tempi, a parte la prossima e la scorsa, stavamo ricordando a noi stessi di non fare l'errore di confondere il meteo con il clima. Il primo ragiona sui tempi brevi e gli eventi locali, il secondo sui trend e il lungo periodo. Semplificando: se le temperature e gli eventi sono funzionali alla narrazione catastrofistico-apocalittica si preferisce parlare di «clima», se invece la contrasta si parla di «tempo». E insomma, proprio in quel momento abbiamo letto lo studio dell'Imperial College di Londra (lo stesso istituto che stimava le morti per Covid durante la pandemia, cosa che di per sé non depone a suo favore) secondo cui tra il 23 giugno e il 2 luglio, in 12 grandi città europee, si stima che il caldo abbia provocato (causa o concausa?) la morte di 2.300 persone.
Ora, pur sapendo che se fa caldo è clima, se fa freddo è meteo, non ci permettiamo di negare la crisi climatica, e sospendiamo il giudizio se l'uomo in tutto ciò abbia o no un ruolo. Ma non neghiamo neppure l'inutilità dell'allarmismo giornalistico. Titoli infernali, espressioni come «caldo killer» (ma poi: si muore con il caldo o per il caldo?), i bollettini di guerra del climate change e le cartine del meteo color lava dell'Etna non contribuiscono scusate la freddura a rasserenare il clima.
Comunque, bene ha
fatto la sinistra più ecologista e responsabile a sottolineare ancora una volta i silenzi del governo sul tema. Ci aspettiamo ora una rovente mozione di sfiducia alla Meloni. Arriverà.È solo questione di tempo. O di clima.