Lo squadrismo dei veti

I grillini si spaccano e scappano dal tavolo con Berlusconi. Ma Di Maio rischia di schiantarsi

Lo squadrismo dei veti

Non sappiamo come andranno oggi e domani le votazioni per eleggere i nuovi presidenti del Senato e della Camera, tanto meno si possono fare ipotesi sul futuro governo. Ma questi primi giorni di post-voto una verità già ce la dicono, ed è la difficoltà - se non incapacità - del movimento Cinquestelle a muoversi dentro la comunità politica che è, ci piaccia o no, l'architrave della democrazia.

Un conto è stare all'opposizione a urlare slogan, mettere in scena teatrini parlamentari, insultare, promettere di possedere la bacchetta magica. Altro è dover stare nel gioco di chi governa con ambizioni di guida, cosa che comporta capacità altre di quella del comico o del capopopolo.

Comandare, almeno che non si tramuti in dittatura, significa condividere, dividere, dialogare e mediare secondo leggi - a volte scritte, altre no - che non sono quelle del tuo club di appartenenza, ma universali e vecchie quanto il mondo. Sui ponti di comando non ci sono purezza e verginità da preservare, ma obiettivi da raggiungere nel rispetto delle regole.

Per questo fa un po' sorridere e tanto inquieta sentire Di Maio sostenere che vuole sedersi a un tavolo con il centrodestra, ma a patto che non ci sia Berlusconi. Oppure che accetta un candidato del medesimo centrodestra alla presidenza del Senato ma non Paolo Romani perché sua figlia minorenne ha usato impropriamente un telefonino di servizio in dotazione al padre. Ognuno, ovviamente, è libero di pensarla come crede. M

a ognuno comanda solo in casa propria e non può imporre ai vicini usi e abitudini della sua ditta. Quando si tratta non ci sono nemici, ma controparti che non puoi scegliere, basterebbe ripassare la storia. Roosevelt accettò di incontrare Stalin per decidere un nuovo ordine mondiale, due papi hanno stretto la mano a Fidel Castro per il bene della Chiesa, Berlusconi stesso ha messo più volte insieme allo stesso tavolo diavolo e acquasanta per un bene superiore.

Il fatto che Di Maio pensi di essere ancora capo di un'opposizione squadrista, che pretende di imporre nomi agli avversari, che divide gli uomini - in base a una sua personale e discutibile etica - in buoni e

cattivi invece che in utili o inutili, non promette nulla di buono in ogni caso. Perché se continua così i casi sono due: o si schianta lui o fa schiantare la democrazia, che è cosa ben diversa dalla Casaleggio Associati.

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