Il Cocoricò farà ricorso al Tar

Uno degli azionisti della discoteca di Riccione: "Non è chiudendo il locale che si risolverà il problema, perché si ripresenterà"

Cocoricò, foto d'archivio
Cocoricò, foto d'archivio

Contro la chiusura decisa dalla questura, destinata a provocare un grave danno per l’azienda, Fabrizio De Meis, uno degli azionisti del Cocoricò, ha annunciato un ricorso al Tar: il fatturato dell’ultimo anno, ha spiegato in conferenza stampa, si è aggirato tra i 3,5 e i quattro milioni di euro e quindi "la chiusura di quattro mesi comporterà una perdita di utili per 1,5-2 milioni".

"Lo stop di quattro mesi, se resterà tale, equivale di fatto ad una chiusura definitiva", ha aggiunto De Meis parlando della sospensione del locale decisa dopo la morte per ecstasy del 16enne Lamberto Lucaccioni. "Faremo ricorso al Tar - conferma De Meis in una conferenza stampa convocata in un hotel romano -, cercheremo di evitarlo anche perché in gioco c’è il lavoro di 200 dipendenti e nei mesi estivi si concentra il 50% del nostro fatturato".

Ciò su cui insiste De Meis è che "a regole invariate, in Italia continueranno a succedere, come sono già successe, tragedie come quelle del giovane morto nei giorni scorsi". Dopo aver espresso il cordoglio alla famiglia, De Meis ricorda che "non è chiudendo il locale che si risolverà il problema, perché si ripresenterà.

Occorre invece ciò che abbiamo da tempo chiesto alla politica e alle forze dell’ordine ovvero il Dapso nelle discoteche a carico di chi commette reati e il tampone obbligatorio per rilevare l’assunzione di droga all’ingresso dei locali. Chiudere oggi il Cocoricò non serve a nulla, anche perché senza decisioni importanti per battere la cultura dello sballo, fatti luttuosi come quelli del sedicenne morto per ecstasy purtroppo continueranno ad accadere".

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