Essere molto simpatici e troppo semplici, a volte, è controproducente. Rischi di passare per stupido. Tutti ti ascoltano, ridono, pensano che tu stia dicendo cose interessanti. Anche quando parli a caso. Fabio Volo è un esempio. Un tipo semplice, simpatico. Domenica sera, prima di presentare il suo libro nel salotto televisivo di Fabio Fazio, passando dal camerino di Silvio Berlusconi gli ha buttato lì come conciliare i dilemmi morali dell'Occidente capitalista con il problema dei flussi migratori fuori controllo, ma così, in due parole, come al bar di Calcinate. L'altra sera, invece, ancora a una presentazione del suo libro, alla Fondazione Mirafiore di Oscar Farinetti, prima ha provato a spiegare a Matteo Renzi, ospite a sorpresa, come portare a casa lo ius soli, così, con una battuta da Eataly, poi, dopo che l'ex premier gli stava rispondendo, si è alzato e se n'è andato: «Non sono venuto ad assistere a un comizio», ha detto lasciando la sala. Ieri mattina ha chiesto scusa su Twitter per la scenetta. Ma senza problemi, con semplicità.
Sorriso piacione e ragionamento basic, se a Volo capitasse di passare una mattina dall'Onu, nel giro di una gag risolverebbe la crisi coreana.
La semplicità è una cosa ottima, in certi romanzi. Nella vita un po' meno. Nella politica - l'arte più complessa che esista - per nulla. Così la simpatia. Aiuta, se sei uno scrittore, un conduttore, un attore. O tutte e tre le cose insieme. Ma non basta, anzi è fastidiosa se vuoi fare l'alternativo rispetto ai politici su piazza. È la tipica spocchia dell'anti-intellettuale che reputa le sfumature della vita un'inutile complessità del ragionamento. Quelli che vogliono spiegarti come va il mondo solo perché hanno una compagna islandese e sono stati due volte a New York. Simpatici. Credono di essere sempre in onda. La frase: «È impossibile che non riusciate a far approvare lo ius soli, una legge che anche mio figlio di quattro anni ha capito quanto sia giusta», è buona per un riempitivo fra un pezzo e l'altro in un trasmissione radiofonica. Ma rivolta a un leader di partito, come nel caso di Renzi, o di Berlusconi, che è lo stesso, da banale diventa stupida. Se la legge fosse così semplice da essere capita da un bambino di quattro anni, non ne discuterebbero da mesi - spaccando in due il Paese - schiere di politologi, filosofi, politici, giornalisti... Per approvare una legge occorre una maggioranza parlamentare. Costruirla non è semplice. Se non c'è, o è fragile, e il governo va sotto in aula, addio ius soli. E addio anche al governo. Lo capirebbe anche un bambino di quattro anni.
Per il resto, detto che un Paese non si governa con un tweet o un siparietto fra i tavolini di Serralunga d'Alba, e detto che il peggiore dei nostri politici è mediamente meglio - negli affari di governo - di uno scrittore simpatico, non vogliamo pensare al peggio. Al fatto, cioè, che avere un libro da promuovere c'entri qualcosa con tutta la faccenda. Passare dalla campagna elettorale a quella pubblicitaria sarebbe troppo semplice. Anche se qualcuno, in effetti, lo è.
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